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Sanremo 2022

SANREMO 2022: le pagelle della quarta serata. Il solito massacro delle cover risparmia pochi eletti

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Morti e feriti nella serata delle cover di Sanremo 2022. In un grande marasma di bruttezza non si salvano in molti.

Da sempre la famigerata serata delle cover, la variazione sul tema del Festival di Sanremo, regala dei momenti oltremodo incresciosi. Ma quella della Settantaduesima edizione appena conclusa, probabilmente, ha superato ogni limite. Ad eccezione di un paio di casi non ha giovato infatti la scelta del coraggioso Amadeus di dare la possibilità ai concorrenti di scegliere anche dei brani in lingua straniera tratti dal decennio 60-70-80-90, complice delle selezioni eccessivamente pretenziose, arroganti o, semplicemente, inefficaci.

Cover inconsistenti, duetti scialbi, buttati lì a caso, poco provati, eseguiti con scarso interesse. Quanto accaduto in questa trionfale annata del 2022 deve, necessariamente, costringere la direzione artistica a una riflessione in vista degli anni successivi, in nome del senso stesso di spettacolo. Non ne possiamo più. Passiamo ai voti.

LE PAGELLE DELLLA QUARTA SERATA DI SANREMO 2022

Noemi, You Make Me Feel A Natural Woman (Aretha Franklin) 5-

Fa quello che può, quindi sempre troppo poco al cospetto di uno dei capolavori della Signora del soul per eccellenza. Inizio un po’ traballante, si riprende nel corso dell’esecuzione. Per molti da brividi, per altri già dimenticata. Siamo più sulla seconda sponda. Non certo per colpa della rossa.

Giovanni Truppi con Vinicio Capossela e Mauro Pagani: Nella Mia Ora di Libertà (Fabrizio De Andrè) 7

Giovanni Truppi, a proposito della sua partecipazione al Festival con un brano certamente non accessibilissimo,  ha rivendicato il sacrosanto diritto di non piacere a tutti. Come non essere d’accordo con chi decide di non tradire neanche di un centimetro la sua cifra stilistica. Lo fa anche questa sera proponendo un capolavoro non conosciuto al grande pubblico di Fabrizio De Andrè, con rispetto assoluto, portando finalmente sul palco Vinicio Capossela. Bravo.

Yuman con Rita Marcotulli: My Way (Frank Sinatra)

Parte veramente malissimo, molto ingessato, giù di tono, eccessivamente emozionato. Sfiora la sufficienza proprio nell’ultima sezione, dove si lascia andare in una bella variazione a tinte jazz (dipinte dal mito Rita Marcotulli al piano), perfette per la sua tessitura vocale calda e avvolgente. Potenziale enorme ancora non sfruttato del tutto.

La Vibrazioni con Sophie and the Giants e Peppe Vessicchio: Live and Let Die (Paul Mc Cartney) 6–

Apprezziamo il tributo ma si fatica veramente a trovare il senso di coinvolgere una cantante elettropop come Sophie al servizio di un’ottima tessitura orchestrale che però non ha dato alcun risaltato alla voce. Incasinati.

Sangiovanni con Fiorella Mannoia: A Muso Duro (Pierangelo Bertoli) 5-

Poteva andare meglio. L’emozione si è fatta sentire sia nell’artista più giovane che nella veterana. Bravo Sangio a selezionare un brano così maestoso, permettendo anche ai più giovani di conoscerlo. Ma la scelta non basta, le parole vanno anche interpretate. Oggi è mancato proprio questo.

Emma con Francesca Michielin: Baby One More Time (Britney Spears) 3-

Il duetto più atteso neanche fosse la nuova stagione di Twin Peaks conferma le aspettative già abbondantemente previste alla vigilia. Emma e Francesca Michielin, oggi cantante e non direttrice, confezionano una performance pensata per twitter, giocando con la prevedibilità e dando agli utenti esattamente quello che vogliono: pose wannabe iconiche, una coreografia che in confronto quella di “Aserejé” sembra curata da Martha Graham e un inizio scontato serio a tinte epiche, salvo aprirsi a metà con la ritmica che conosciamo. Manca tutta la deliziosa malizia che ruota attorno al brano originale. Un bruttissimo tributo.

Gianni Morandi con Jovanotti: Medley 6

Ti piace vincere facile? Un grande karaoke performato un po’ alla carlona ma comunque tutto sommato autentico, con nota di merito per “Penso positivo“. Quando ci si diverte sul palco si riesce sempre a trasmettere la giusta energia. Solo un dubbio emerge: questo arrivo di Jovanotti all’improvviso e a sorpresa non sarà mica avvenuto per dare un bel booster al Gianni Nazionale, al momento al terzo posto nella classifica generale?

Elisa: What A Feeling (Irene Cara, Flashdance) 6

Accompagnata dalla ballerina Elena D’Amario Elisa si lanca in una rilettura del capolavoro tratto da “Flashdance” in salsa elettropop. Funziona tutto molto bene, anche senza particolari guizzi. Ci si aspettava veramente molto di più.

Achille Lauro con Loredana Bertè: Sei Bellissima (Loredana Bertè) 7

A noi non ci freghi, Lauro. Esattamente come fatto da Dolcenera durante la seconda stagione di Music Farm, l’artista romano spezza il crescendo della strofa di “Sei bellissima“, cantando il ritornello in modo sussurrato. Poi entra Loredana Bertè, e tutto cambia. Duetto ben riuscito, destinato a rimanere tra i momenti più importanti di questa edizione.

Matteo Romano con Malika Ayane: Your Song (Elton John) 6½

Ma che bravi! Delicati, garbati, rispettosi, intensi, per certi versi scolastici ma assolutamente godibili. Più che un duetto di Sanremo sembrava quello classico di una Finale di un talent. Ma con semplicità si guadagnano la pagnotta senza problemi superando anche colleghi più fintamente audaci.

Irama con Gianluca Grignani: La Mia Storia Tra le Dita (Gianluca Grignani) S.V

Un happening. Ci voleva Gianluca Grignani, con tutti i i problemi del caso, per far capire l’inutilità assoluta di una serata come questa, dove il 90% degli artisti si presenta con pezzi improvvisati, pacchiani, mal riusciti, orribili. Il rocker ribalta tutto, praticamente non cantando, coinvolgendo il pubblico allibito e correndo come un forsennato per tutta la platea. Il momento più crazy di tutto il Festival.

DitonellaPiaga e Donatella Rettore: Nessuno mi Può Giudicare (Caterina Caselli) 5-

Non escono dalla comfort zone, si limitano fondamentalmente a replicare quanto già fatto in “Chimica“. Tutto molto bene ma questa sera, teoricamente, dovevano almeno provare a fare qualcosa di diverso.

Iva Zanicchi: Canzone (Milva) 9+

Questo è un vero tributo. Standing ovation meritatissima per l’Aquila di Ligonchio, stasera in glorioso stato di grazia, dimostrando alle colleghe più giovani cosa significa davvero rendere omaggio a un’icona della musica italiana. Acuti da brivido, portamento della voce da fuoriclasse, splendida l’intuizione di proiettare il video della performance originale nelle battute iniziale. Arrivateci così a 82 anni, poi ne riparliamo.

Ana Mena con Rocco Hunt: Medley 3

A questo giro saremo telegrafici. Non siamo a “L’anno che verrà“.

La Rappresentante di Lista con Margherita Vicario, Ginevra e Cosmo: Be My Baby (The Ronettes) 9

L’omaggio più ricercato tra tutti. Un dream team della musica indipendente italiana tributa The Ronettes allontanandosi vorticosamente dalla versione originale, adattandola a un sound elettronico anni 90 perfettamente prodotto ma, al contrario di quanto fatto da altre (e sottolineiamo la “e”) rispettandone fedelmente il senso. Affasciante vedere Margherita Vicario e Ginevra come coriste, con tanto di coreografia, lo ripetiamo, sensata. Bellissimo.

Massimo Ranieri con Nek: Anna Verrà (Pino Daniele) 5

Ritorniamo sempre al teorema Ranieri in questa edizione: sulla carta bellissimo, realizzazione da dimenticare: anche in questo caso si perde l’alchimia tra ascoltatore e interpreti, questi ultimi un po’ per i fatti loro nel momento clou del pezzo.

Michele Bravi: Io Vorrei, Non Vorrei, Ma se Vuoi (Lucio Battisti) 8

Bello il fil rouge che collega la cover al brano in gara, ovvero una fortissima intimità, qui declinata nella strofa in un carattere quasi spettrale, fino ad aprirsi in modo misurato ed emozionante. Rispettoso. Nulla da dire.

Mahmood e Blanco: Il Cielo in Una Stanza (Gino Paoli) 8½

Se dovevano dare lo sprint per la vittoria, beh, l’hanno fatto, trovando la giusta via nell’arrangiamento, bello, e perfetto per accogliere la diversità delle due voci. Niente stravolgimenti, se non una buona variazione di stampo mahmoodiano, niente orpelli. Qualche piacioneria di tutto ma ormai si è capito l’andazzo.

Rkomi con Calibro 35: medley di Vasco Rossi 4-8

Si parla tanto dell’impatto del corpo femminile sbandierato ai quattro venti in tv. Eppure in questo festival lato maschile pare essere di moda denudarsi e mostrare dei fisici obiettivamente scolpiti. Lo ha fatto Lauro, lo fa in parte Blanco, e l’ha fatto anche Rkomi che stavolta convince, diciamocela tutta, solo grazie ai Calibro 35. Sono tutti nudi, chi pensa a noi maschietti sensibili (e pigrissimi)?

Aka 7Evan con Arisa: Cambiare (Alex Baroni)  4

Era il cosiddetto elefante nella stanza dell’intera serata questa cover del grande re del pop-soul italiano Alex Baroni. Non basta la voce maestosa di Arisa a rattoppare quello che si avvicina veramente a uno scempio, dove a vincere è stato, con tutti gli sforzi, lo squilibrio.

Highsnob e HU con MR Rain: Mi Sono Innamorato di Te (Luigi Tenco) 5

Ad eccezione della presenza di mr Rain non molto utile, i due riescono tutto sommato a reggere l’urto (e che belle sfumature jazz che ha Hu) pur non toccando alcuna corda emozionale. Ma era veramente difficile

Dargen D’Amico: La Bambola (Patty Pravo) 6

Chiedere a un poeta come Dargen D’Amico di fare una cover è compito arduo. Non per nulla l’artista stesso poco prima di attaccare con l’esecuzione si è lanciato in un divertente “Che imbarazzo, cazzo“. Fa quello che può utilizzando la formula usurata testo originale + piccolo spazio riservato a parole inedite. Non riesce benissimo malgrado un paio di intuizioni nell’arrangiamento molto interessanti.

Giusy Ferreri con Andy dei Bluvertigo: Io Vivrò Senza Te (Lucio Battisti) 7+

All’1:00 di notte Giusy Ferreri ci spettina sciorinando una performance di grande intensità e, finalmente, di una capacità vocale non indifferente. L’apporto di Andy è importante, specie nel mini solo di sax finale, fiore all’occhiello di uno degli arrangiamenti più interessanti del lotto.

Fabrizio Moro: Uomini Soli (Pooh) 5–

Sembra partire calibrato ma, dopo la prima strofa, si lascia prendere la mano perdendo un po’ il confronto con l’originale, a metà tra l’esagerazione e il piattume. Meglio le strofe. Inciso da dimenticare.

Tananai con Rosa Chemical: A Far L’Amore Comincia Tu (Raffaella Carrà) 9

Che peccato che questa performance sia andata in scena soltanto all’1:15. Una carinissima rilettura del capolavoro della Dea Raffaella Carrà rivisitato in chiave queer e fluida. Tananai è finalmente sul pezzo, forse perché spalleggiato da un Rosa Chemical in grande spolvero, autore di un verso con i fiocchi (“Questa sera non posso essere il tuo ragazzo, oggi sono la tua ragazza“) e di una allusione sessuale esplicita proprio davanti agli occhi dell’attento Direttore Stefano Coletta. La dose di divertimento che serviva per raddrizzare una serata da dimenticare. Bello anche l’arrangiamento, più sensuale e trasgressivo rispetto all’originale. Wow.

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Crediti Foto: RAI