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Sanremo 2022

SANREMO 2022. Le pagelle della Finale. Mahmood e Blanco vincono un Festival di alto livello

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Mahmood e Blanco vincono il Settantaduesimo Festival della canzone italiana, una kermesse di alto livello con tante buone proposte.

Mahmood e Blanco hanno vinto la Settantaduesima edizione del Festival di Sanremo con il brano “Brividi“. Una vittoria ampiamente pronosticata già dal primo annuncio e consolidata durante la settimana della kermesse, dove i nostri hanno fatto il pieno di stream, views, scatenando una fortissima euforia da parte dei fan, latitante negli ultimi tempi, Måneskin a parte.

Ma com’è stato questo Sanremo 2022? Scopriamolo con i voti finali, per non dire definitivi.

LE PAGELLE DELLA FINALE DI SANREMO 2022

Matteo Romano, Virale 6

Le “bolle” sono sempre un problema, ognuno ha la sua (noi che scriviamo per esempio siamo vittime di twitter). Ecco, quella di Matteo Romano è tik-tok. L’auspicio è quello di vedere in futuro un allontanamento di questo potenziale bravo artista dalla piattaforma dei giovanissimi, perché il rischio di rimanerci ingabbiato, per sempre, è altissimo. A ogni modo ha fatto un buon Sanremo, o meglio ha fatto quello che poteva, cantando discretamente.

Giusy Ferreri, Miele 7

La ricezione del brano, e anche della bella cover di ieri, è stata sottotono. Un peccato, perché il pezzo della nostra ha una sua dignità: è orecchiabile, semplice, ma non eccessivamente scontato. Speriamo funzioni davvero in radio. Giusy non è soltanto estate, non è soltanto spiaggia, non è soltanto featuring. Spiace che il tentativo di rimanere sulla stessa lunghezza d’onda del tormentone togliendo la caratteristica estiva non sia stato apprezzato fino in fondo.

Rkomi, Insuperabile 4

Non è un voto alla canzone, è un voto complessivo all’apporto che ha dato Rkomi a questo Festival. Si è presentato come l’artista che ha venduto più copie del 2021, e lo ha fatto con un brano non incisivo, sì ben fatto, ma non incisivo. Ci voleva qualcosa come “Apnea“, per intenderci: è arrivata una hittina che girerà, ma che non ci ricorderemo per tutta la vita. Occasione buttata. E stasera è andato completamente per i fatti suoi.

Iva Zanicchi, Voglio amarti 7

Una delle grandi massacrate di questa settimana, non si capisce poi per quale reale motivo. Ha fatto il suo, sfoggiando a 82 anni una voce fuori dal comune, ammaliando tutti con una cover, quella di ieri, sensazionale. La canzone è vecchissima, come era vecchissima quella di Orietta Berti. Due pesi e due misure. Non si può giudicare a simpatia.

Aka7even, Perfetta così 4

Ci vuole ben altro ben incidere. Aka si accontenta di soddisfare i gusti della sua fanbase, senza voler allargare o interessare di allargare un minimo la platea. Canzone puerile per pubblico puerile. Punto.

Massimo Ranieri, Lettera al di là del mare 7

Alla quinta, finalmente, è andata bene. Ranieri torna a essere il super Ranieri che conoscevamo e regala una performance da fuoriclasse, interpretando come un vero attore ogni singola lettera del testo e spingendo nel verso giusto il ritornello, vero problema nelle scorse sere. Ci voleva.

Noemi, Ti amo non lo so dire 7½

L’upgrade che ci aspettavamo dopo quello mancato l’anno scorso. Una giostra di parole con sorgente elettronica, con tante variazioni melodiche e una cascata tra archi e synth. Non ha mai cantato al 100%, ma si apprezza, finalmente, un cambio di passo. Tra le più belle del lotto.

Fabrizio Moro, Sei tu 5-

Moro ci ha abituati a ben altro. In questa occasione ha voluto proporre un pezzo a trazione emozionale e romantica, calcando però un po’ troppo la mano sul lato testuale. Dunque avvicinandosi più alle atmosfere di “Se si potesse non morire” dei Modà rispetto a quelle sue, di solito più ruvide, umane e vere.

Dargen D’Amico, Dove si balla 9

Uno dei grandi protagonisti di questo Festival. Sempre divertito e divertente, ha coinvolto tutti: dal pubblico mezzo mummificato ai musicisti, e forse anche gli attrezzisti. Lo ha fatto con meravigliosa intelligenza, venendo chiaramente non capito in fondo (ma era prevedibile): un riscontro positivo meritatissimo, soprattutto dopo una carriera composta da una discografia capace di toccare picchi altissimi (“Nostalgia istantanea“) ad auto provocatorie prese in giro (“sms alla Madonna“). L’unico ad aver parlato d’attualità senza dover per forza parlare esplicitamente d’attualità. Maestoso.

Elisa, O forse sei tu 9½

Se quella di Giovanni Truppi (ne parliamo alla fine) è la canzone più bella, quella di Elisa è per dispersione quella migliore. Migliore in tutto: nel crescendo, sempre più intenso, nelle parole tagliate con l’accetta al servizio di una melodia magnetica, nello special, anche questo di grande effetto nella sua struttura non complessa, nell’arrangiamento conturbante ma mai invasivo. Dopo “Seta” e l’ottima “A tempo perso” lo possiamo dire. Elisa è tornata l’Elisa della metà degli anni dieci. E il nuovo disco sarà bellissimo.

Irama, Ovunque sarai 6

Un dilemma ci assale dall’inizio del Festival: è meglio l’Irama nekkizzato de “La genesi del tuo colore” o quello renghizzato di questo episodio? Una risposta, forse, non c’è. Bello vedere un brano cantato (oggi qualche sbavatura) con trasporto, malgrado un imprinting classicissimo che però, visto il piazzamento finale, ha pagato.

Michele Bravi, Inverno dei fiori  7½

La quadra di Michele Bravi. L’intimità, il canto sussurrato, la voglia di raccontarsi. Cinque serate splendidamente affrontate, cantate bene, dimostrano quanto l’artista si sia veramente finalmente liberato dalle catene raccontate nel suo album chiave “La geografia del buio“. Un plus per aver fatto fare incetta di punti al Fantasanremo, diavoleria che ha fatto impazzire tutti quest’anno.

La Rappresentante di lista, Ciao Ciao 9

Probabilmente i vincitori morali di tutta la Kermesse. Lo sforzo è stato enorme: una partecipazione curata davvero sotto ogni minimo dettaglio, dai look (oggi spaziali), al merch, ai social (sfoderando l’artiglieria pesante con tiktoker di primo piano, una cosa straniante non prendiamoci in giro). Non sappiamo dove porterà tutto questo, ma resta il fatto che La Rappresentante Di Lista, sconosciuti al grande pubblico fino a due anni fa, si sono presi tutto, con una cover raffinatissima e con il vero tormentone, la vera hit del Festival, la “musica leggerissima” di quest’anno. Curiosi di capire, dopo questo step, come si evolverà la loro carriera, da dodici mesi in costante ascesa.

Emma, Ogni volta è così 6+

Dopo tanti voti ironici, scaturiti dalla totale disapprovazione dell’operazione editoriale con Francesca Michielin (di cui abbiamo parlato tra l’altro nel nostro guanto di sfida), diventiamo seri per dire che Emma, a Sanremo 2022, ha fatto Emma. Si è presentata con un pezzo molto forte, quasi una summa artistica della sua personalità verace, strabordante, tanto da diventare quasi a tinte neomelodiche nel “Nessuno” declamato nell’inciso. Quando uscì “Latina” lo scorso anno, siamo rimasti entusiasti in quanto forse vicini a una minima svolta, una piccola rivoluzione. Ci eravamo sbagliati, Emma non è mai cambiata, è rimasta sempre la stessa con tutti i pregi e i difetti del caso. La sensazione però che serva anche lei un upgrade, quel qualcosa in più per ritrovare appeal anche in chi non la ascolta con frequenza. Vedremo che cosa succederà.

Mahmood e Blanco, Brividi 8½

Se la giocano benissimo. Molto più composti e meno piacioni, vestiti in modo ancora più impeccabile e con due bici usate come oggetti di scena (presenti nel video). Desideravano più di ogni altra cosa la vittoria e la possibilità di rappresentare l’Italia all’Eurovision di Torino. Sono loro le star di questo Festival, e lo dimostrano a prescindere dalla bellezza o meno del brano i numeri di stream e views, gli assembramenti dei fan fuori dal loro albergo, e un clima di euforia che non si vedeva da molto tempo, Måneskin a parte. Hanno creato un compromesso, paraculo nel giusto, un ibrido tra i loro due mondi diversamente urban coniugandoli alla classica atmosfera sanremese. Hanno fatto centro.

Highsnob e Hu, Abbi cura di te 6+

Un duetto semplice, senza sfarzi, senza momenti particolarmente impattanti ma godibile dall’inizio alla fine. Nulla sappiamo sulla rosa dei cantanti scartati (anche se qualche nome è trapelato come Ariete o Margherita Vicario), dunque a prescindere dalla scelta di Amadeus loro sono riusciti a non sfigurare. Quindi doppiamente bravi.

Sangiovanni, Farfalle 6+

La quinta serata fa effetti strani. Ci eravamo promessi di non farlo, di non dire “palle” al posto di “pelle” dopo il “Non piovono farfalle non sto più nella…” dell’inciso. Giunti all’ultimo atto, tra gravi strati di allucinazione (per rubare le parole ai Baustelle), storpiamo il ritornello di Sangiovanni a squarciagola ballando sul tavolo. Perché noi boomer solo questo possiamo fare davanti un episodio rivolto ai teenager che, però, radiofonicamente funziona. Buon Festival per lui.

Gianni Morandi, Apri tutte le porte 7

Ci sono due chiavi di lettura dietro la vittoria sfiorata di Gianni Morandi. La prima è chiaramente generazionale. Stiamo parlando di un mito, forse l’ultimo mito vivente insieme ad Adriano Celentano, amatissimo da quelli un po’ più in là con l’età ma rispettatissimo anche dai giovani, vuoi anche per il suo esilarante utilizzo dei social. La seconda risiede proprio nel mercato discografico che, dopo quanto successo l’anno scorso con Orietta Berti, ha dato a questi monumenti della musica italiana nuova linfa, quasi sempre avvicinandoli a dei mondi lontani. L’operazione con Jovanotti parte proprio da questo, parte da un singolo estivo, “L’allegria“, musicalmente schizzato, frenetico e sintetico. “Apri tutte le porte” di primo acchito incide meno, perché al suo interno il rimando è quasi interamente retromane con riferimenti chiari alla motown, agli anni sessanta in generale e, non ultimo, a Jovanotti stesso. Ammettiamolo: in pochi avrebbero ipotizzato un posto così tanto alto in classifica. Ma Sanremo è Sanremo anche per questo.

Ditonellapiaga e Donatella Rettore, Chimica 6½

Un’operazione che ha avuto il suo senso. Ditonellapiaga da tempo meritava più attenzione e l’ha trovata in modo meritocratico. Il suo ultimo disco, “Camouflage“, è interessante, molto più della canzone presentata qui in riviera. Quello che ha colpito di più della sua esperienza è stata la presenza scenica: ha azzerato le distanze con un cavallo pazzo come Rettore, spesso poco prevedibile, facendo ballare tutti con un tormentone magari non originalissimo ma funzionale. Promosse.

Yuman, Ora e qui 5

Il salto dai giovani ai big, salvo eccezioni che tutti conosciamo, è complicato. Yuman, voce assolutamente, meravigliosa, non era pronto a reggere un palcoscenico così importante in così poco tempo (appena quattro mesi dall’open call per il circuito dei giovani al palco dell’Ariston). Ma una cosa è certa: Il potenziale è enorme, specie in questo periodo dove il soul ha una sua posizione nella scena italia. Con i giusti accorgimenti e con un parziale refresh può andare lontanissimo.

Achille Lauro, Domenica 5-

In tempi non sospetti su queste pagine consigliavamo a Lauro un momento di pausa per rifiatare. Lui ovviamente non ci ha letto, ma un periodo di stop se l’è preso comunque, stando sei mesi in un’isola da solo. Alla fine è uscita “Domenica“, copia carbone (per citare uno dei cavalli di battaglia di Fedez) di “Me ne frego” e “Rolls Royce“; appare evidente che la pausa doveva essere più lunga

Ana Mena, Duecentomila ore 5

Di questa partecipazione resteranno i meme. All’ultima lo possiamo dire. La sua presenza con questa canzone, comunque coerente con la sua cifra, non era assolutamente necessaria. Ma non temete: tra quattro mesi tornerà in radio, ovviamente con un altro pezzo tutto sole mare e sangria, probabilmente con Rocco Hunt.

Tananai, Sesso occasionale 6

Tananai è stato l’Aiello del 2021. Ha cannato completamente la prima sera, da lì una croce. La sua canzone è forse l’unica del lotto che è cresciuta ascolto dopo ascolto. Leggera, ironica, sbarazzina. Con la cover di ieri insieme a Rosa Chemical in nome della fluidità ha dimostrato di essere ormai una realtà della nuova scena che gravita intorno al rap-trap. Ha spiccato il volo, malgrado delle performance un po’ così.

Giovanni Truppi, Tuo padre, mia madre, Lucia

Grazie Ama per aver scelto questo artista e questa canzone semplicemente stupenda, stretta e non immediata. Un racconto per immagini ricercatissimo, visioni personali, tra spoken world e timbrica calda. Nettamente il brano più bello di tutta l’edizione. Ti ci devi addentrare per poter godere di tutte le sue sfumature che affiorano ascolto dopo ascolto.

Le Vibrazioni, Tantissimo 5+

Quota “meh“. Intro alla Muse, coretto insopportabile. Strofa anonima, ma un ritornello dal bellissimo tiro che ti fa dimenticare un po’ tutto il resto. Hanno fatto di meglio (“Dov’è“) ma anche di peggio, (“Così sbagliato“). Nel mezzo. E per una band così navigata non è un proprio un complimento.

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Crediti Foto: RAI