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Musica italiana

GUANTO DI SFIDA: Ilaria Porceddu VS Francesca Michielin. Ecco chi vince e perché

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Polemica Sanremo 2022

Scopriamo il “GUANTO DI SFIDA” della settimana assegnato dal direttore di OA Plus Ugo Stomeo. Giudice della sfida il critico musicale Fabrizio Testa. Sul ring per lo scontro Francesca Michielin e Ilaria Porceddu.

Si avvicina il Festival di Sanremo 2022 e, con tutto il carrozzone, anche le prime imperdibili polemicucce. A finire nello specifico al centro del dibattito è stata Francesca Michielin. La cantautrice, ex vincitrice di X Factor, infatti il 14 gennaio scorso ha annunciato sui social la sua partecipazione all’ambita kermesse non in veste di concorrente ma come direttrice d’orchestra per “Ogni volta è così“, brano in gara di Emma.

La notizia ha ricevuto una eco mediatica impressionante, specie da parte dei giornalisti di settore (oltre che dal pubblico ovviamente), la cui euforia si è triplicata la settimana successiva non appena venuti a conoscenza che, nella serata delle cover, Emma ha scelto proprio Michielin per eseguire “Baby one more time” di Britney Spears.

L’eccessivo clamore da parte della stampa musicale per la vicenda ha spinto lo scrittore e critico musicale Michele Monina a postare un suo pensiero a riguardo su facebook, poi allargato in un paio di articoli di ampio respiro pubblicati su Optimagazine: “Discografici e giornalisti musicali che giudicano bonariamente che una cantante che non ha neanche finito un corso triennale al Conservatorio venga definita direttore d’orchestra e come tale in effetti calchi il palco dell’Ariston. Poi ci si lamenta che la musica oggi non sia di qualità“.

Tra i commenti al fatto si è fatta sentire anche l’artista sarda Ilaria Porceddu, personalità che ha partecipato parecchi anni fa a X Factor e in un importante Sanremo Giovani nel 2013, ponendo l’accento su come la figura del direttore d’orchestra nel contesto festivaliero sia ormai di poco conto, tanto da venire utilizzato come vetrina: “Da quanto tempo il ruolo di direttore d’orchestra è diventato marginale e ha preso invece il compito di far risaltare l’ego di chi aveva necessità di mostrarsi perché aveva fatto l’arrangiamento del pezzo (e a volte manco quello)? Che poi, arrangiare un pezzo è una cosa, scrivere e dirigere per orchestra è nettamente un’altra. Negli anni si sono visti anche discografici dirigere […] Ci sono dei veri direttori che stanno lì e hanno motivo di esserlo, ma c’è una buona parte di fuffa che ormai non stupisce più. La Michielin fa hype in questo discorso perché è una cantante e ha risalto, ma prima di lei quel ruolo l’hanno preso molti, moltissimi, che si sono impegnati a studiare l’abito migliore da indossare“.

Tralasciando dunque la discussione, comunque interessantissima (ci torniamo dopo) approfittiamo della situazione mettendo bonariamente a confronto due belle canzoni simbolo di Ilaria Porceddu e Francesca Michielin, entrambe presentate al Festival di Sanremo, rispettivamente nel 2013 e nel 2016.

SFIDANTE: Ilaria Porceddu, “In equilibrio

Pezzo ancora oggi dal grande fascino. Si apre a cappella, con il piano che subito dopo ricalca uno delle melodie cardine dell’intera pagina. La cantautrice utilizza la descrizione del mondo circense utilizzandola come mera metafora della vita, cantando per due volte il ritornello in dialetto sardo trovando la quadra con un colpo d’effetto non scontato nell’ultimo inciso, dispiegato invece in lingua italiana con grande senso di enfasi e potenza. Le atmosfere musicali, visto il tema trattato, spingono il tutto verso un contesto quasi da cartoon, fattore che può essere visto sia come bonus che come malus.

VOTO: 7+

SFIDATA: Francesca Michielin, “Nessun grado di separazione

Spesso al Festival non si porta solo una canzone, bensì un motto, uno slogan, un claim, un concetto. Nel 2016 la cantautrice veneta si presentò all’Ariston forte del grandissimo successo radiofonico de “L’amore esiste” (e di due successivi singoli di traino positivi come “Battito di ciglia” e “Lontano“) presentando un pezzo ispirato alla teoria semiotica dei sei gradi di separazione elaborata da Frigyes Karinthy. La Michielin li ha azzerati tutti nel ritornello, sfondando ogni parete, compresa la quarta, cantando in faccia all’ascoltatore il suo passaggio all’età più adulta e descrivendo la sua condizione da “chiusa in una scatola” a non avere più “nessuna esitazione”, frase compresa in un bridge brevissimo e tensivo che apre poi all’inciso finale. Un pezzo pop ben strutturato e studiato nel minimo dettaglio, dallo spiccato impatto teen.

VOTO:

THE WINNER IS… FRANCESCA MICHIELIN

Francesca Michielin direttrice d’orchestra al Festival di Sanremo è chiaramente un’operazione di comunicazione, figlia sì di competenze sviluppate all’interno di un percorso di studi accademico ma comunque mirata a ricevere un determinato tipo di ritorno d’immagine, utile non solo alla diretta interessata ma anche ad Emma, da sempre in prima linea quando si tratta di alleanze o “sfide” di questo tipo. Il tutto è diventato ancora più palese al momento dell’annuncio della cover, “Baby one more time“, tentativo (speriamo non goffo, vedremo) di ingraziarsi pubblico e quel tipo di addetti ai lavori affamati di meme e momenti per loro iconici, quelli che non pensano alla questione, giustissima e sacrosanta sollevata da Monina, solo perché si parla di un evento televisivo che non segue una logica regolare, anzi viene amplificato nel minimo spostamento, anche di una piuma. Proprio Francesca Michielin vince quindi contro Ilaria Porceddu perché, in modo indirettamente spavaldo, è stata sempre così, anche nel 2016, quando con una buona canzone, ben strutturata e furbissima, è stata accompagnata da alcune situazioni di contorno progettate meticolosamente, dal campeggio come punto di alloggio durante la settimana festivaliera al tour completamente sola nella veste di polistrumentista. All’epoca è stata venduta così, al di là delle reali competenze e abilità, così come quest’anno è stata “venduta” come direttrice d’orchestra. Sanremo è vetrina, è business, è marketing, è industria. La musica viene soltanto alla fine. Giusto o sbagliato che sia.

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Grafica a cura di: ANDREA BUTERA