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Trump bloccato sui social: è giusto il potere dei colossi californiani?

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In seguito all’irruzione violenta fatta al Congresso di Washington D.C. lo scorso sei gennaio da alcuni riottosi sostenitori di Trump, le maggiori piattaforme social hanno oscurato il profilo del presidente americano.

Mentre Facebook e Instagram, però, hanno imposto ai profili social del tycoon un oscuramento solo temporanea, in vista dell’insediamento definito di Joe Biden alla Casa Bianca, è stato proprio quel Twitter tanto amato da Donald Trump a riservagli la pena più severa: l’esilio perpetuo.

Da Twitter riferiscono che  “Dopo un’attenta revisione degli ultimi Tweet sull’account @realDonaldTrump e del loro contesto abbiamo sospeso in via definitiva l’account per il rischio di ulteriori incitamenti alla violenza”.

Anche altri social hanno limitato gli account di Donald Trump e le comunità di trumpiani, come Twitch, Reddit, Snapchat e Tik Tok, ma Trump ha già confermato di aver aperto un nuovo profilo su Parler, piattaforma simile a Twitter ma molto più libera.

Va considerato perché tutto ciò è successo. Un disordine appoggiato dal presidente uscente, in cui hanno perso la vita quattro persone. Eventi di questo tipo, al momento giusto, farebbero scattare le guerre civili, ma le guerre civili, agli americani, non farebbero comodo in questo momento, così  tutto il sistema si chiude, giustamente, a riccio attorno alle proprie possibilità di mantenimento dell’ordine, tanto più in un momento come questo, in cui le incertezze economiche e i gravi danni della pandemia danno sfogo a rivolte e proteste.

La discussione sulla liceità da parte di aziende private di decretare chi parla e chi tace a seconda dell’effettivo risvolto nel mondo reale delle parole pronunciate, meriterebbe fiumi di parole per essere davvero esaustiva, e probabilmente nemmeno lo sarebbe. Eppure, va sottolineato come il passaggio dell’informazione dai giornali e dalla Tv ai social network, da un sistema che distingueva bene produttori di informazione e fruitori a un sistema dove il politico si vende come qualsiasi altro prodotto, ha reso da un lato le informazioni più fumose e sgretolate, dall’altro ha permesso a poche persone, coadiuvate dai giusti algoritmi, di gestirne il flusso.

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Crediti Foto: LaPresse