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AmaSanremo: le pagelle dei venti finalisti

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Abbiamo ascoltato le 20 canzoni di AmaSanremo, il nuovo format ideato da Amadeus per decretare i 6 finalisti di Sanremo Giovani 2020. Ecco i voti

Partirà alle 22:45 di giovedì 29 ottobre in diretta su RAI1 “AmaSanremo“, il nuovo format ideato e condotto da Amadeus in collaborazione con Ema Stockolma e Riccardo Rossi per selezionare i sei artisti che parteciperanno alla sezione “Nuove proposte della Settantunesima edizione del Festival Di Sanremo, momentaneamente programmata – ma si dovrà aspettare gennaio per l’ufficialità – dal 2 al 6 marzo 2021.

I venti finalisti, scelti dalla commissione RAI tra ben 961 candidati, si fronteggeranno quindi per cinque settimane in due sfide per puntata, e saranno valutati da una giuria di qualità composta da Piero Pelù, Luca Barbarossa, Beatrice Venezi e Morgan, oltre che, in parte, dal televoto.

In ogni appuntamento sarà presente inoltre un ospite musicale lanciato proprio dal Festival: al momento sono stati annunciati Arisa (che presenzierà nella serata inaugurale), Rocco Hunt e Leo Gassmann, vincitore della scorsa edizione. I dieci artisti che supereranno le sfide si giocheranno quindi un posto per il Teatro Ariston il 17 dicembre, data della Finalissima prevista dal Casino Di Sanremo in prima serata sempre RAI 1, dove saranno finalmente decretati i sei partecipanti ufficiali della Kermesse.

Ho ascoltato le 20 canzoni in gara: tra certezze, sorprese e alcune delusioni. Ecco le mie pagelle. Tutti i brani sono disponibili esclusivamente nella piattaforma RaiPlay a questo link.

ALIOTH, TITANI

L’inizio è pressoché identico a “Grande amore” de Il Volo, ma non fateci caso. Con un piglio che ricorda molto Mahmood, “Titani” di Altioth convince nella strofa e nel ponte, perdendosi invece un po’ nel ritornello, aperto ma leggermente acerbo, e in un bridge debole. Manca qualcosa, ma entra in testa e si lascia ricordare.

AVINCOLA, GOAL! 6

Ci riprova Avincola, in pieno stile indie italiano, che si palesa immediatamente nel verso “Ma io giro la testa e tu giri la pasta e le padelle scintillano” (un giorno dovremmo approfondire il binomio che c’è tra la cucina e i nuovi cantautori italiani). Tuttavia il pezzo funziona bene, accenna alla violenza verbale, è orecchiabile, si adatta al trend, insomma sale nel carrozzone. Ma qui bisogna andare a Sanremo e tutto è concesso.

THOMAS CHEVAL, ACQUA MINERALE 9

Thomas Cheval è la vera sorpresa di questa edizione. Siamo sempre nel territorio indie italiano, ma con una accezione più originale: timbro d’impatto, artista fluido. Pezzo dal ritornello interessantissimo, a tratti disturbante, e colpisce proprio per questo. Un riferimento vocale mainstream potrebbe essere Damiano dei Maneskin: le tossine dei vent’anni, intese come tormenti, ossessioni, angoscia e turbamento vengono depurate, fino alla sfinimento, con l’acqua minerale. Una scommessa che non può non calcare il palco dell’Ariston. Baby, baby manda giù.

CHICO, FIGLI DI MILANO

Messaggio di integrazione in salsa trap sicuramente importante ma non pronto per una competizione così blasonata; metriche già ascoltate, Chico non lascia nel segno, i suoi colleghi più esperti hanno già espresso gli stessi concetti in modo più originale.

DAVIDE SHORTY, REGINA

L’eliminazione di Ainè dello scorso ancora grida ancora vendetta; il movimento soul italiano necessita, dopo il bellissimo exploit di Ghemon, di un altro rappresentante al Festival Di Sanremo: Davide Shorty, che dopo l’esperienza a X Factor ha saputo ritagliarsi il giusto spazio diventando uno dei punti di riferimento nel genere, è il candidato ideale: la sua “Regina” reinterpreta in chiave personale la lezione di mostri sacri come Alex Baroni e Giorgia, per fare due esempi pop, pescando musicalmente dal meraviglioso mondo del New Jazz britannico (Jordan Rakei, per fare un esempio). Elegante e raffinato, il pezzo culmina nel delizioso bridge, in cui emerge tutta l’esperienza accumulata dall’artista nel corso degli anni. Un brano perfetto, che suona bene, assolutamente radiofonico e pronto, anzi prontissimo, per il palco dell’Ariston.

FOLCAST, SCOPRITI 6+

Qui siamo in totale zona Sanremo. Si intuisce immediatamente dagli archi iniziali e dal piano che accompagna la strofa e le linee di violino che seguono l’inciso senza stupire particolarmente. Il testo lascia molto a desiderare. Ma si riprende verso la fine, dove l’artista si dileggia in belle sfumature soul, seppur molto standardizzate. Un ulteriore dato però va a favore di Folcast: una canzone del genere, non si è mai capito perché in realtà, tra i primi sei ci arriva sempre.

GALEA, I NOSTRI 20

Ecco Galea con, finalmente, un beat un po’ più movimentato. Timbro dell’artista attraente nel suo complesso, come lo sono alcuni spunti del tema del testo, dove tra gli altri spicca l’invito a godersi la vita e a fregarsene del giudizio altrui. Quello che manca però è il piglio, il tiro: il pezzo, di fatto, non parte mai e risulta maledettamente piatto e con poco appeal. Peccato.

GAUDIANO, POLVERE DA SPARO 7

Fidatevi, Gaudiano sarà il Guilty Pleasure di quest’anno; un arpeggio di chitarra accompagna la melodia sincopata della strofa. Un Hook di violino rende divertente l’inciso. Il testo a volte scade in facilonerie, ma il taglio, con tutti i piccoli difetti del caso, è molto personale, e questo è apprezzabile. In questo caso la performance farà la differenza. Potrebbe catturare la fetta di pubblico appassionata di Eurovision Song Contest e, se riuscirà ad andare avanti, sarà la classica canzone che tutti criticheranno in pubblico ma che canticchieranno sotto la doccia in privato. E se non è vincente questo diteci voi.

GAVIO, LA MIA GENERAZIONE 4

Parte come un miliardo di altre canzoni, e mette in scena il Festival della retorica: retorica sulla guerra, retorica sulla società, retorica sul lavoro, retorica sul cambiamento. Ritornello debole, che sa di vecchio, per un inno di protesta cantato da un rappresentante della Generazione Z; tutto vero, tutto giusto ciò che dice Gavio, ma il brano è un’accozzaglia di luoghi comuni, e sfocia per forza di cose nel paraculismo; vanno benissimo le canzoni sociali a Sanremo, ma devono essere audaci (Vi ricordate “Amen” Di Francesco Gabbani? Ecco). L’inizio del refrain, tra l’altro, ricorda tantissimo “Il congiuntivo” di Baglioni (non Claudio, Lorenzo). Se è un bene o un male dovete deciderlo voi.

GINEVRA, VORTICE

Certamente si è un po’ sacrificata. Chi conosce il percorso di Ginevra, ben sintetizzato nell’EP “Metropoli” (che abbiamo recensito e che trovate qui), sa quanto in realtà l’artista sia più avvezza a episodi sì pop ma più raccolti e meno “scontati“. La cantante ha però deciso di aprirsi a un pubblico più ampio, e lo ha fatto in modo magistrale: la sua essenza emerge nella strofa, per lasciare spazio a un bellissimo ritornello, arioso e accompagnato da un piano e dagli archi in crescendo con una melodia azzeccata, elegante e non stucchevole; è senza dubbio la canzone meglio confezionata dell’intero lotto, considerato il contesto. L’Ariston deve essere suo.

HU, OCCHI NIAGARA 6+

Sano episodio elettro pop senza particolari pretese quello di Hu. Ritornello di grande tiro radiofonico, un brano che ha una sua identità, anche se non si capisce perfettamente cosa dice la cantante durante l’inciso. Malgrado un titolo che sarebbe stato sicuramente preso bonariamente in giro da Elio e Le Storie Tese, “Occhi niagaraconvince e, aspetto non banale, incuriosisce.

I DESIDERI, LO STESSO CIELO

Il brano parte malissimo: con un sample di Wattsap, un po’ telefonato di questi tempi. Nella prima strofa I Desideri sembrano Gli Zero Assoluto in chiave partenopea: un pezzo che parla di protezione con un ritornello in dialetto e autotune, così come la seconda strofa. Ci sono esponenti urban che utilizzano il dialetto campano, movimento in enorme crescita, decisamente migliori.

LE LARVE, MUSICAEROPLANO 5

C’è un “Nanananana“, reiterato, nel testo. Quindi è un no a prescindere. Scherzi a parte è comunque intrigante il timbro del frontman de Le Larve, che trova sfogo nel ritornello dai toni epici: siamo davanti a un episodio barocco, molto, troppo carico. Ma Sanremo Giovani è imprevedibile. Quindi chissà.

M.E.R.L.O.T, SETTE VOLTE 5

Non sono più i 7000 caffè di Alex Britti, né le 10 ragazze di Lucio Battisiti. Sono 7 le ragazze di cui M.E.R.L.O.T si è innamorato, tutte però stronze: episodio pop ben scritto, scanzonato, dal buon tiro, ma davvero troppo, troppo prevedibile. Il cantautore, un nome di spicco nell’underground, in repertorio ha decisamente canzoni migliori.

MURPHY, EQUILIBRIO 8

Bellissima atmosfera e bellissimo testo: “Rompo l’equilibrio, sento freddo non so più difendermi da quello che sei“, dice Murphy. Ritornello sofferto su un break di hip hop classico rivestito di un sound leggermente cupo: fila tutto. Un pezzo, uno tra i pochi soprattutto dagli artisti con meno esperienza, diverso. Speriamo vada avanti.

NOVA, GIOVANI NOI

Un brano d’urgenza, ancora forse un po’ leggermente immaturo; l’inciso, con una traccia tensiva non malvagia, è certamente la parte migliore di tutto il pezzo: l’artista regge bene l’autotune. Manca qualcosa, ma non è certamente l’episodio peggiore tra i venti in gara.

SCRIMA, SE RIDI 7

Pericolosissimo. Anche qui siamo prepotentemente in zona Sanremo. Scrima ha una voce sottile che pone l’accento sulle corde più espressive. “Se ridi” in realtà l’abbiamo già ascoltata quattrocento volte in altre forme e variazioni sul tema negli anni precedenti. Ma in questo contesto non è così importante. La canzone c’è; e cresce tantissimo nel bridge, dove l’emotività prende il sopravvento grazie a una descrizione semplice ma efficace delle piccole cose della vita che rapirà, senza dubbio, il cuore degli ascoltatori; è lui quello da battere.

SISSI, PER FARTI PAURA 8

Ma che figata. Siamo davanti a un aforisma urban. Soli due minuti e venti, pezzo breve ma ficcante, sound r&b coraggioso e soprattutto non svilito dalla circostanza. Già lo scorso anno Sfera Ebbasta commise l’enorme scemenza di non selezionare Sissi per i live di X Factor. Non ricadiamo nello stesso errore. Prendetela.

WRONGONYOU, LEZIONI DI VOLO

Wrongonyou è una certezza, oltre che l’artista con forse più esperienza tra tutti quelli in gara. Sa scrivere le canzoni, e si sente. Sa usare le parole, molto bene, e si sente. Ottime le strofe, grande voce nel suo complesso, sfumature pop anni 90′ per un brano dal sapore internazionale ottimamente confezionato e super radiofonico. “Lezioni di volo” è una bomba, e andrà avanti a prescindere da tutto quello che succederà.

GRETA ZUCCOLI, OGNI COSA SA DI TE 7

Combinazioni vocali, quelle di Greta Zuccoli, che riecheggiano le migliori voci anni Novanta del genere trip-hop: nelle strofe de “Ogni cosa sa di te” non c’è nulla di particolarmente sorprendente , e forse fa un po’ 2000, ma il ritornello è pazzesco, magnetico, espressivo, e ti fa dimenticare un testo francamente debole. Un pregio? Certamente sì. Basterà per andare avanti? Vedremo.

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Artwork di copertina di: ANDREA BUTERA