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Chiusa dopo 3 anni l’inchiesta Covid nella Bergamasca: fra gli indagati anche Conte, Speranza e Fontana

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Giornata nazionale memoria vittime Covid

Sono 19 le persone iscritte nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sul Covid a Bergamo, chiusa ieri dalla procura di Bergamo dopo quasi tre anni, fra i quali risultano anche l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore della Sanità lombardo Giulio Gallera. L’inchiesta ha inteso far luce sulle cause e sulle responsabilità delle migliaia di morti registrate  durante la pandemia nella zona di Bergamo e dintorni, il cui ricordo è ancora vivo nelle nostre menti grazie alle drammatiche immagini delle file di camion dell’esercito con sopra le bare delle vittime trasportate fuori regione per essere cremate. Ricordiamo che la pandemia da Coronavirus, nella primavera del 2020, ha provocato oltre 3mila vittime in provincia di Bergamo, con un eccesso di mortalità di 6.200 persone rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti.

Tre i filoni d’indagine dell’inchiesta: la mancata circoscrizione della zona rossa a Nembro e Alzano durante l’emergenza sanitaria, il piano pandemico e l’ospedale di Alzano Lombardo. Per la procura di Bergamo, sulla base della consulenza affidata al microbiologo Andrea Crisanti, la zona rossa  avrebbe potuto risparmiare migliaia di morti. Per Conte e Speranza, che risulterebbero coinvolti nell’inchiesta relativamente a questo capitolo, gli atti verranno inviati al Tribunale per i ministri. Crisanti nella sua consulenza, in base a un modello matematico, ha sottolineato che se fosse stata istituita la zona rossa in Val Seriana, al 27 febbraio i morti sarebbero stati 4.148 in meno e al 3 marzo 2.659 in meno.

Non meno centrali gli altri due aspetti dell’indagine: da una parte il mancato aggiornamento e la mancata applicazione del piano pandemico, fermo al 2006, che avrebbe potuto frenare l’avanzata del virus e garantire quei dispositivi – guanti, mascherine e tamponi – introvabili per giorni; dall’altra parte la vicenda dell’ospedale di Alzano, con la chiusura e la riapertura del Pronto soccorso del 23 febbraio 2020, dopo la scoperta del primo caso, e l’assenza di interventi nei reparti dove i contagi continuavano a salire.

Tra i destinatari dei 19 avvisi di conclusione delle indagini, che saranno notificati oggi, e nei quali sono contestati a vario titolo i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio e anche falso, ci sono anche il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il coordinatore dell’allora Comitato Scientifico Agostino Miozzo, l’ex capo della protezione civile Angelo Borrelli e tra i tecnici del ministero della salute l’ex dirigente Francesco Maraglino.

 

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Crediti foto: LaPresse

 

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