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“A casa di Ida Rubinstein”: Giuni Russo e la maestosità

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Cover album "A casa di Ida Rubinstein"

A CASA DI IDA RUBINSTEIN | LA RECENSIONE

La cantante palermitana nel 1988 ha pubblicato un disco di rara bellezza che coniuga il rispetto per la musica vocale ottocentesca e la sperimentazione. Un connubio difficile ma perfettamente riuscito.

Pescare nel territorio ottocentesco italiano, per voci che non appartengono al circuito della musica colta, è un passo proibitivo. Cercare di sperimentarci sopra ancora di più. Non se ti chiami Giuni Russo, e non se aiutarti c’è un artista del calibro di Franco Battiato. L’unione tra i due geni, consacrata con il meraviglioso “Energie” nel 1982, ha fatto sì che venisse alla luce sei anni più tardi un altro lavoro magistrale, “A casa di Ida Rubinstein“, pubblicato nel novembre del 1988 per l’Ottava e che è stato recentemente rilasciato nella versione originale nei digital store.

Un disco, come spesso capita con i capolavori, poco capito dal pubblico, dove la cantante palermitana ha voluto riproporre otto celebri composizioni di musica vocale di Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini più una di Giuseppe Verdi, mettendoci al suo interno contaminazioni jazz e blues, rimanendo tuttavia rispettosa della tradizione, grazie anche al contributo non indifferente del maestro Alessandro Nidi, il quale ha orchestrato tutti e 8 i brani.

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Ma non stupisce la scarsa ricezione della massa. “A casa di Ida Rubinstein” segna infatti un passaggio molto importante nella carriera di Giuni Russo, ponendola come artista ormai staccata dalle ovvietà del pop e più devota ai rami avanguardisiti e sperimentali.

La cifra stilistica si palesa nell’audace introduzione de “A mezzanotte“, dove un break di batteria accompagnato dal synth si abbatte su un magma tipicamente fusion che trova solo temporaneamente una dimensione più quadrata composta da effetti vocali e volatine, per ripartire poi nuovamente prendendo sempre più quota nella straordinaria coda. Segue la struggente belliniana “Malinconia“, dove la cantante crea un’atmosfera eterea ben addolcita dal sapiente uso degli archi e da una vocalità calibratissima che va a spalmarsi perfettamente in un pattern di batteria elettronica presente solo per poche battute.

La più tradizionale interpretazione de “Le crépuscule” anticipa l’intrigante “La zingara“, alternata dalla voce prima in ripieno e poi sola della cantante, brava a far convivere stilemi vocali romantici con delle inflessioni tipicamente anni 80, creando una sorta di incontro-scontro tra epoche originalissimo; è un crescendo indimenticabile invece “Fenesta che lucive“, episodio che crea una forza tensiva con “Vannee, O Rosa fortunata“, in cui esplode nella sezione centrale tutto il genio di Giuni Russo, tra ritmi sincopati e momenti più rilassati.

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Calano le tenebre ne “Nell’orror di notte oscura“, pagina di Giuseppe Verdi, forse il brano più bello dell’intera produzione, dove la nostra si tramuta in un’anima notturna, giocando con i suoni crepuscolari e con le linee d’archi tese e penetranti; tornano i richiami continui ai secoli diversi, il fil rouge di tutto l’album, nella conclusiva “Me voglio fa’ na casa“, che trattiene l’ascoltatore fino a lasciarlo in una sorta di stasi emotiva. Una volta concluso l’ascolto del disco infatti, non si può non dispiacersi per aver perso così presto un’artista così incantevole, così evocativa, così maestosa e allo stesso tempo così incompresa. Indimenticabile.

VOTO: 10/10

AGGETTIVO:  MAESTOSO

TRACKLIST:

1. A mezzanotte (Gaetano Donizetti)
2. Malinconia, Ninfa gentile(Vincenzo Bellini)
3. Le crépuscule (Gaetano Donizetti)
4. La zingara (Gaetano Donizetti)
5. Fenesta che lucive (Vincenzo Bellini)
6. Vanne, o rosa fortunata(Vincenzo Bellini)
7. Nell’orror di notte oscuRA(Giuseppe Verdi)
8. Me voglio fa’ na casa (Gaetano Donizetti)

ARTISTA: GIUNI RUSSO

ALBUM: A CASA DI IDA RUBINSTEIN

ANNO: 1988

ETICHETTA: L’OTTAVA/GIUNIRUSSOARTE

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