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Emis Killa vs Tha Supreme: la libertà di bestemmia nel rap/trap è un diritto?

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Una polemica sta infiammando il web e la comunità rap/trap: la libertà di bestemmia è libertà d’espressione o una mancanza di rispetto verso i credenti? Emis Killa e Tha Supreme la pensano in maniera opposta e si scontrano fra Facebook e Instagram

Riassumiamo per chi se li fosse persi i fatti: il 19 Aprile il noto speaker radiofonico Michele Wad Caporosso sul celebre magazine urban Esse Magazine tratta del tema delle bestemmie nei testi rap. La posizione di Caporosso è riassumibile con una condanna degli artisti che rivendicano la bestemmia come un diritto connesso alla libertà d’espressione. Secondo lo speaker questo uso della libertà d’espressione è in realtà un attacco inutile e deliberato ai credenti. Sotto il post di Caporosso il famoso rapper Emis Killa risponde semplicemente con una bestemmia; poco dopo Tha Supreme risponde all’uscita del collega con un commento lapidario “Cringe”, che è traducibile con “sentirsi profondamente imbarazzati per il comportamento di un altro”.

Tha Supreme rincara la dose sul suo profilo Instagram con una stories, in cui sostiene che quella di Emis Killa non è un’uscita provocatoria, ma un’offesa inutile e deliberata a tutti i credenti. Indispettito dal commento lapidario e della stories del trapper/produttore romano, Emis Killa ha sbottato sostenendo che che è stanco di blog e magazine che intervengono mettendo in discussione l’assoluta libertà dell’artista di fare/dire ciò che vuole, mettendo in discussione la competenza di Wad nell’analisi dei testi e della cultura rap. Passando a Tha Supreme, lo ha richiamato a maggior chiarezza, dato che il produttore romano ha lavorato con artisti (pensiamo a Salmo e alla sua crew Machete) che hanno fatto della bestemmia (e più in generale, della blasfemia) il loro marchio di fabbrica.

Lo ribadiamo per evitare fraintendimenti: nessuno ha invocato la temibilissima mannaia della censura; sia Wad che Tha Supreme parlano di autoregolamentazione dei rapper/trapper, non di un intervento esterno che limiti d’autorità la libertà d’espressione.

Fin qui i nudi fatti. Passiamo quindi a dire la nostra sulla polemica: Emis Killa ha ragione nel ribadire che nella rap/trap (come nell’arte in generale) debba essere concesso una libertà quanto più larga possibile d’espressione all’artista, diritto riconosciuto (con limitazioni diverse da paese a paese) in tutte legislazioni occidentali. Il problema posto da Tha Supreme è quanto questo uso (e spesso abuso) della bestemmia abbia finalità artistico espressive e quanto sia un attacco deliberato alla fede altrui. Il punto è sempre stato controverso, e non è certo emerso con la nascita del rap: la lotta fra libertà d’espressione artistica e diritto del rispetto della fede religiosa dei cittadini è un tema che tiene banco in Occidente dalla Rivoluzione Francese in poi (220 anni, mica poco). Punto d’attrito su cui non c’è alcuna posizione fissa (né a livello legislativo né tanto meno di teoria estetica), il tema torna ciclicamente ad accendere polemiche, che si esauriscono spesso nella noia di botta e risposta fra posizioni inconciliabili.

Nel mondo rap/trap la questione è meno spinosa che in altri contesti: sia che il rap racconti senza filtri il vissuto intimo sia che replichi linguaggio e idee di ambienti sociali svantaggiati (se non criminali), la bestemmia come la blasfemia sono state accettate da ascoltatori credenti e non credenti come un tratto distintivo del genere, sia che queste vengano usate per raccontare la propria intimità senza peli sulla lingua, sia che queste vengano utilizzate per dipingere in maniera realistica ambienti criminali o devianti. In quest’ottica l’uso della bestemmia/blasfemia sono un indizio (fra altri) che l’artista è true e/o ha street credibility.

Detto questo, la posizione di Tha Supreme è più sfumata e complessa di quanto a prima vista appaia: l’aver collaborato con Salmo e la sua crew Machete non è in contraddizione con quanto dichiarato, dato che gli artisti con base ad Olbia hanno fatto della blasfemia (di cui la bestemmia è solo una parte) una forma di critica sociale serrata alla religione e alla Chiesa Cattolica, viste come forme oppressive per mantenere gli individui schiavi della superstizione e dell’autorità. Un discorso di tipo filosofico-politico con una lunga storia e condiviso anche da alcuni credenti, che separano Dio e la fede a lui dovuta, dalle istituzioni umane che lo rappresentano e dalle loro propaggini politico-sociali. Emis Killa invece rivendica una libertà d’espressione assoluta, svincolata da qualsiasi contesto e finalità: la bestemmia può essere usata sempre e dovunque, perché l’artista dev’essere libero di non rispondere a nessuno della sua creazione. Una posizione sulla carta condivisibile, ma nella pratica capace di genere abusi e forme di conformismo anticonformista decisamente “cringe”.

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