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Mei/Indipendenti

Ecco perché dobbiamo essere grati al MEI di Faenza

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Tra il buio, l’incertezza, la paura, lo sconforto, il dubbio, nonché la pessima musica dei tempi attuali, all’improvviso c’è il MEI.

Il Meeting Etichette indipendenti, la più grande rassegna dedicata alla musica alternativa emergente italiana, compie venticinque splendidi anni, e al suo lucido visionario patron, Giordano Sangiorgi, è sembrato più che doveroso celebrarlo. Come? Con un libro che, simbolicamente, raccogliesse 25 artisti indipendenti italiani, che hanno sposato gli ideali di libertà di espressione musicale a favore di una forma d’arte pura, lontana dalle contaminazioni tossiche delle mode, la cui sterilità artistica lascia da sempre il tempo che trova. Chi conosce Sangiorgi sa che è un vulcano dalla lava fruttifera, perché trova sempre il modo possibile per realizzare l’impossibile, per cui quando mi ha contattata per scrivere questo omaggio al MEI ne sono stata lusingata ed onorata. Nell’uggioso pomeriggio di domenica 4 ottobre arrivo per la prima volta in una Faenza che è una bomboniera, coi suoi loggiati possenti, le botteghe antiche, i viali ampi e le piazze geometriche. Pochi minuti dopo, il sole splende. Fra i molteplici meriti del MEI c’è quello di aver dato a noi, ribelli e diversi, noi, che ci rifiutiamo di riconoscerci nelle logiche politico-economiche in cui il mercato prevale sulla musica, la possibilità di identificarci con un’altra realtà, perché un’altra realtà c’è sempre stata ed è sempre stata possibile. Lo hanno testimoniato i C.S.I., i Litfiba, i Bluvertigo, i Timoria, fra gli altri, tutti tenuti a battesimo dal MEI, che hanno scritto la storia stilando lunghi e bellissimi capitoli di musica rock scritta in un italiano che ha ridato alla nostra lingua, la più bella del mondo, la dignità che meritava.

A Toys Orchestra, Paolo Benvegnù, Giulio Casale, Teresa De Sio, Fulminacci, Roberto Gatto, Umberto Maria Giardini, Mauro Ermanno Giovanardi, Gnut, Il Muro del Canto, La Rappresentante di Lista, Petra Magoni, Mai Mai Mai, Management, Meganoidi, Mòn, Erica Mou, Perturbazione, Enrico Rava, Riccardo Sinigallia, Alessandro Sipolo, The Bastard Sons Of Dioniso, The Niro, The Zen Circus e Giovanni Truppi, mi hanno concesso il privilegio di far parte di questo libro concedendomi le interviste che hanno celebrato lo sposalizio tra musica e gastronomia, perché un buon disco, così come un buon piatto, sono entrambi opere d’arte, dalla fruizione relativamente breve, ma dalla filiera lunga ed impegnativa; come il musicista ha bisogno di un canovaccio, e quindi della tradizione, per improvvisare e librarsi in volo, così il cuoco, allo stesso modo creativo, necessita della conoscenza dei fondamentali per poter essere, in ultimo, diverso, e proiettarsi nel futuro. Presentare questo mio primo libro, “L’Osteria del Palco, Storie gastromusicali di musicisti on the road”, immersa nell’atmosfera quasi fiabesca del MEI, manifestazione che è un vero e proprio unicum in Italia, è stato per me un grande, immenso onore, possibile grazie ad una colonna della musica rock italiana, Omar Pedrini, che ne ha curato con amore la prefazione, e che è un esempio di come dietro un grande artista ci sia un uomo ancora più grande, grazie al nostro editore illuminato Daniele Bosi e alla sua casa editrice Polaris, all’energia travolgente delle interviste di Ivana StjepanovicVania Leone di Radio Bruno ed Enrico Spada, al caloroso ed attento pubblico faentino, alle instancabili maestranze e non e, naturalmente, a Giordano. La grande famiglia del MEI insieme a Piero Pelù, Tosca, Claudio Simonetti, Omar Pedrini, Gianni Maroccolo, Edda, Ghigo Renzulli, illustri protagonisti della tre giorni di concerti, premiazioni e festeggiamenti, ha regalato a Faenza e all’Italia la realizzazione di  un sogno quasi irreale, soprattutto nella complessa difficoltà del momento storico attuale, eppure possibile da venticinque anni, quello del potere salvifico e aggregante dell’arte, quella genuina, pura, sincera, fatta di persone e non di fantocci, di artisti e non di esecutori, di imprenditori dello spettacolo con un senso forte di comunità unita e non di pavidi sciacalli. Dicono che esista il mal d’Africa, ma non ci sono mai stata, non so com’è;sono stata al MEI di Faenza, invece, e penso di poter affermare con risoluta sicurezza che esista il mal di MEI, consolato unicamente dalla prospettiva dell’edizione ventura. Lunga vita al MEI, con l’augurio che possa essere, ora più che mai, di fulgido esempio per la comunità dello spettacolo tutta.

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