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Rubrica, DISCOTECHÈ. “Mon amour… sono canzoni d’amore…” di Milva

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Milva

Alda Merini la considerava “poesia”, Ennio Morricone “uno dei  momenti più alti del suo ideale di cantante”, Luciano Tallarini “una vera e propria forza della natura”, Pippo Baudo “artista immensa e coltissima”, Claudio Baglioni “voce che ha dato forma e volo a musica e parole”. Milva, una vita per l’Arte, impressa indelebilmente nelle sue canzoni.

 MILVA

Mon amour… sono canzoni d’amore…

(Ricordi, 1992)

 

E di colpo venne la notizia della sua dipartita. Nessuno se l’aspettava. Si sapeva della sua malattia, per cui nel 2010 decise consapevolmente di ritirarsi dalle scene, ma non s’immaginava che la fine arrivasse così d’improvviso. Milva se n’è andata. Silenziosamente, senza far rumore, all’età di 81 anni, il 23 aprile a Milano, circondata dall’affetto sconfinato della segretaria Edith Meier e della figlia Martina Corgnati.

Ormai – come riportato da più fonti – aveva perso la coscienza del tempo e della memoria. Ironia della sorte, proprio lei che ricordava ogni minimo dettaglio della sua lunghissima e fittissima carriera, custodendo tutto il materiale (dischi, pubblicazioni, giornali e via dicendo) che la riguardava. Una vita per l’Arte, passionalmente e rigorosamente votata al suo lavoro che l’ha portata a essere ciò che era e resterà: la più grande, colei che ha osato di più, andando oltre, spingendosi in svariati territori artistici, tutti di altissimo livello, diventando più famosa (e apprezzata, sic!) all’estero che in patria.

D’altronde il suo smisurato talento è andato sempre a braccetto con la sua ferrea dignità, dunque da un certo punto in poi non ha più trovato spazio nella tv generalista di cui sono divenute caricature e macchiette alcune colleghe. La ricordiamo straordinaria primadonna Al Paradise (1983) di Antonello Falqui… ma erano altri tempi (e altri Maestri), dopodiché l’inizio della fine, ovvero del vuoto, o ancor peggio del nulla. Meno male lei non c’ha fatto parte di questa insulsa bagarre, ha preferito abbracciare interamente la via del Teatro portando in giro per il mondo gli spettacoli del pigmalione Giorgio Strehler in primis, poi di Filippo Crivelli, Luciano Berio, Peter Maag, Marcello Panni e Valter Sivilotti.

Per Milva i superlativi si sprecherebbero a iosa, ma non è il caso di usarli qui in modo stucchevole. «La sua voce temporalesca, il tuono che le grugniva dentro, ammutoliva la gente», scriveva di lei il regista Sandro Bolchi. La sua colossale parabola artistica di cantattrice parla chiaro, non è possibile riassumerla in poche righe. Ci vorrebbe un sostanzioso tomo solo per tracciarne l’eccezionale percorso discografico iniziato nel 1959 con la pubblicazione di un EP sotto il nome di Milva Biolcati (“Sabrina”) contenente quattro canzoni (Le rififi/Vivrò/Nel blu dipinto di blu/Due croci) e giunto fino al 2010 con l’album Non conosco nessun Patrizio, prodotto e arrangiato da Franco Battiato, senza contare la discografia estera, le raccolte, i live o le registrazioni riguardanti progetti teatrali.

La sua carriera ha attraversato e segnato mezzo secolo di storia sociale e culturale del nostro Paese: dalle 15 partecipazioni al Festival di Sanremo (è l’artista femminile a vantare il record di presenze) alle song di Bertolt Brecht e Kurt Weill (nel 1973 fu una strepitosa Jenny delle Spelonche ne L’Opera da tre soldi); dal sodalizio fondamentale con Strehler alle collaborazioni con Astor Piazzolla, Vangelis, Thanos Mikroutsikos e Shinji Tanimura, fino ai cantautori di casa nostra come Enzo Jannacci e il già citato Battiato; dagli album realizzati con Ennio Morricone e Francis Lai a quelli con Alda Merini e Giorgio Faletti. E non finisce qui: le commedie musicali di Garinei & Giovanni, i motivi da tabarin, i canti della libertà, i gospel, le canzoni della Piaf, le melodie napoletane, le pièce teatrali, i film, le onorificenze, le tournée mondiali, le incisioni in lingua tedesca, francese, spagnola e giapponese. Per non parlare delle sue scelte di vita, audaci e controcorrente, della sua escalation da cantante popolare a interprete di classe (dalle balere della basso ferrarese ai teatri internazionali più prestigiosi), della sua acutissima libertà intellettuale, del suo essere dichiaratamente “antifascista”.

All’inizio degli anni Novanta, in mezzo a due Sanremo (‘90 e ‘93), la Ricordi pubblica una bella raccolta intitolata Mon amour… sono canzoni d’amore…, incorniciata da una splendida immagine in bianco e nero dell’artista dallo sguardo carismatico e magnetico. Il disco si apre con l’inedita Mon amour scritta da Carlo Marrale, fondatore e componente storico dei Matia Bazar, autore dei più grandi successi della formazione genovese, che arrangia (insieme a Walter Tesoriere), produce e partecipa vocalmente al brano dall’atmosfera retrò, elegante e sognante, che si avvale dell’orchestrazione e direzione archi del Maestro Natale Massara. «Addio Milva, Artista colta e raffinata – scrive Marrale in un post – è stato un grande piacere produrre e duettare con te in questa mia canzone che tanto hai amato». A seguire c’è l’intensa Sono felice (Sanremo ’90), accreditata inizialmente al solo Ron ma composta insieme a Roberto Dané e Biagio Antonacci: interpretazione magistrale, da brividi, per un brano troppo poco ricordato che parla della disperata solitudine di una donna, nonostante la presenza-assenza di un uomo accanto.

Il livello si mantiene elevatissimo con due gemme griffate “Battiato”: Una storia inventata tratta da Svegliando l’amante che dorme (1989) e Alexander Platz originariamente inserita in Milva e dintorni (1982), adattamento della canzone Valery incisa nel 1978 da Alfredo Cohen. Risale al 1980 quel capolavoro di LP che è La Rossa, scritto interamente da Jannacci per lei, da cui si ascolta l’omonima traccia, sei minuti e venti di crescente bellezza, in cui il cantautore milanese tratteggia un ritratto ironico ma allo stesso tempo amaro della cantante: “La primavera ormai è passata, la pioggia, quando viene, è andata; povera rossa, fingi l’allegria, ma il disco è di dieci anni fa. Sì, ma una mattina che pioveva, una mattina che pioveva, i lampi, i tuoni litigavan forte però si sentì cantar”.

Immancabile il più grosso successo commerciale della “Pantera di Goro”, ossia La filanda (1971), dal repertorio di Amália Rodrigues su testo italiano di Vito Pallavicini, che nel ‘72 le fruttò la Gondola d’Oro alla Mostra Internazionale di Musica Leggera di Venezia. Da Sanremo ‘68 proviene Canzone di Don Backy e Detto Mariano, terzo posto in abbinamento con Adriano Celentano, ma restata negli annali della storia festivaliera per merito della viscerale interpretazione di Milva. Dagli album tematici Tango (1968) e Canzoni di Edith Piaf (1970) provengono rispettivamente le versioni italiane di due classici, La cumparsita (Questo tango) e Milord. Completano la collezione Non pianger più Argentina (1977), motivo conduttore del musical Evita di Andreaw Llody Webber su testo italiano di Luigi Albertelli, e Dicono di me di Vangelis dall’album Identikit del 1983.

Piccola ma preziosa antologia che ha il merito non sottovalutabile, anzi di considerevole importanza, di ricordarci una questione fondamentale: quanto è mancata in questo ultimo decennio e soprattutto quanto mancherà d’ora in poi alla Musica Italiana (e non solo) un’Artista unica e talentuosa – che significa dotata di personalità, carisma, spessore, profondità e chi più ne ha, più ne metta – come Milva. Stavolta lei è partita per un lunghissimo tour, un viaggio senza tempo e senza spazio, dove l’eternità è il palcoscenico più adatto alla sua grandezza, quel palcoscenico che tutt’a un tratto si squarcerà e da cui si udrà la sua voce cantare: “Coraggio, è duro ma bellissimo il lavoro di morire e rinascere! Io nascerò un’altra volta in una sera di giugno, con questa voglia di amare e vivere più che mai…”.

Discografia consigliata

  • 1961. 14 successi di Milva (Cetra)
  • 1962. Milva canta per voi (Cetra)
  • 1964. Le canzoni del tabarin – Canzoni da cortile (Cetra)
  • 1965. Canti della Libertà (Cetra)
  • 1966. Milva (Cetra)
  • 1967. Milva (Ricordi)
  • 1968. Tango (Ricordi)
  • 1969. Un sorriso (Ricordi)
  • 1970. Canzoni di Edith Piaf (Ricordi)
  • 1971. Milva canta Brecht (Ricordi)
  • 1972. La filanda e altre storie (Ricordi)
  • 1972. Dedicato a Milva da Ennio Morricone (Ricordi)
  • 1973. Sognavo amore mio (con Francis Lai, Ricordi)
  • 1974. Sono matta da legare (1974)
  • 1975. Libertà (Ricordi)
  • 1977. Milva (Ricordi)
  • 1978. Canzoni tra le due guerre (Ricordi)
  • 1979. La mia età (Ricordi)
  • 1980. La Rossa (Ricordi)
  • 1982. Milva e dintorni (Ricordi)
  • 1983. Identikit (Ricordi)
  • 1984. Live At The Buffes Du Nord (con Astor Piazzolla, Metronome)
  • 1985. Corpo a corpo (Ricordi)
  • 1986. Tra due sogni (Ricordi)
  • 1988. Milva (Ricordi)
  • 1989. Svegliando l’amante che dorme (Ricordi)
  • 1992. Mon amour… sono canzoni d’amore… (Ricordi)
  • 1993. Uomini addosso (Ricordi)
  • 1997. Mia bella Napoli (Polydor)
  • 1998. Milva canta Thanos Mikroutsikos (Agorá)
  • 1999. I Love Japan – Milva ha incontrato Shinji (GO! Music)
  • 2001. La Chanson Française (Agorá)
  • 2004. Milva canta Merini – Sono nata il 21 a primavera (Nar International/Edel)
  • 2007. In territorio nemico (Nar International/Edel)
  • 2010. Non conosco nessun Patrizio (Universal Music)
  • 2016. Milva (Sony Music)

 

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Crediti Foto: LaPresse