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Musica

Inno USA al Super Bowl: ecco le interpretazioni leggendarie

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Dalle bande The Pride of ArizonaMichigan Marching, con il coro UCLA del 1967 a Jazmine Sullvan ed Eric Church, ultima performance del 2021, in tutti questi anni per uno dei momenti più sacri degli Stati Uniti d’America si sono alternati i nomi più disparati: dive anticonformiste, tipiche icone americane, teen idol, ma anche attori e attrici, jazzisti, band country e persino un soprano.

I casi più curiosi sono quelli del 1969, con Anita Bryant, protagonista di una feroce campagna omofoba e discriminatoria contro la comunità LGBT* e del 1977, in cui Vikki Carr non eseguì l’inno nazionale ma la canzone “America the Beautiful”.

Ci sono poi i non prettamente cantanti, protagonisti del mondo del cinema e della televisione come Tom Sullivan (1976), Cheryl Ladd (1980), Helen O’Connell (1981), Leslie Eileen Easterbrook (1983) e Vanessa Williams (1996).

Ma anche i rappresentanti di generi musicali rappresentativi per l’America ma più di nicchia come i jazzisti Wynton Marsalis (1986), Herb Alpert (1988), Tommy Loy (1971), Harry Connick Jr. (1992), Natalie Cole (1994), i musicisti e cantanti country Neil Diamond (1987), Garth Brooks (1993), Dixie Chicks (2003), Luke Bryan (2017), Eric Church (2021) e le voci soul/r’n’b di Charley Pride (1974), Aaron Neville (1990 e 2006), Luther Vandross (1997), Kelly Clarkson (2012), Gladys Knight (2019), Jazmine Sullivan (2021) e la mitica Aretha Franklin (2006).

Hanno celebrato i loro radiosi debutti le giovani Jewel (1998), Jordin Sparks (2008), Jennifer Hudson (2009), Carrie Underwood (2010) e Idina Menzel (2015).

Ma le performance memorabili sono quelle dei grandi nomi del pop: Diana Ross (1982), Billy Joel (1989 e 2007), Cher (1999), Faith Hill (2000), Backstreet Boys (2001), Mariah Carey (2002), Beyoncé (2004), Christina Aguilera (2011),  Lady Gaga (2016), Pink (2018), Demi Lovato (2020) e soprattutto gli iconici show di Whitney Houston (1991) e Alicia Keys con tanto di pianoforte a coda bianco (2013).

 

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