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Mace, il 5 aprile esce il nuovo album “Maya”

Il producer milanese autore di brani come La canzone nostra torna a pubblicare un nuovo disco, in uscita il prossimo 5 aprile

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Mace, il 5 aprile esce il nuovo album "Maya"
crediti: profilo Instagram Mace

Il prossimo 5 aprile, Mace, al secolo Simone Benussi, pubblicherà il suo nuovo progetto che si chiama “Maya”, che arriva a due anni del precedente lavoro “Oltre”. Il produttore milanese, estremamente legato agli aspetti più psichedelici, onirici e spirituali della produzione musicale, è da diversi anni uno dei Dj più celebri della scena italiana. Il disco, fruibile sia in streaming che in formato materiale tramite cd o vinile, è stato anticipato dall’uscita del singolo “Non mi riconosco”, realizzato con la collaborazione di Salmo e centomilacarie.

Il disco Maya

Come risulta facile immaginarsi per chi conosce i precedenti lavori di Mace, Maya sarà un lungo viaggio nella psiche, nella spiritualità e nell’immaginazione umana. La parola Maya, inoltre, è induista e si può tradurre come “inganno”, di ciò che noi reputiamo come reale ma che invece è solo una minuscola porzione della realtà. Con Maya, Mace torna ad introdurre la forma cantata in un proprio disco, come non succedeva da Obe, uscito nel 2021 e che presentava al suo interno la hit “La canzone nostra“.

Le parole di Mace

“Volevo approcciarmi a un disco totalizzante, che nascesse dal contatto, non da tanti mattoncini separati. È una modalità molto diversa rispetto a quella che è in voga oggi: non singole session, ma periodi di vita vissuta insieme 24 ore al giorno per diversi giorni, nei colori delle campagne toscane, condividendo praticamente tutto, come un collettivo degli anni ‘70.
In particolare”
continua il producer milanese” avevo in mente i Funkadelic e il rock psichedelico, ma spesso non davo alcuna indicazione precisa: volevo che la musica si materializzasse, e noi fossimo semplicemente delle antenne, pronte a canalizzarla. Tante delle idee in “M AYA” sono apparse così, dall’interazione tra i musicisti più talentuosi che conosco, all’interno di una stanza piena di strumenti musicali: sintetizzatori, strumenti indiani, fiati, arpe, chitarre, percussioni africane…ci sentivamo come i Pink Floyd a Pompei“.

 

 

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