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Harry Styles e la copertina di Vogue: Rivoluzione, sì o no?

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Sta facendo molto parlare nel mondo, ma soprattutto negli Stati Uniti, la copertina di Vogue USA in cui è presente Harry Styles. In primis, perché in 128 anni di storia della rivista più famosa del mondo finalmente appare un uomo. Sta facendo anche parlare, però, per lo stile con cui è vestito l’ex leader degli One Direction.

Di fatto vediamo Harry vestito con abiti femminili secondo lo standard medio. Una mossa astuta che ha scopi ben precisi: abbattere gli stereotipi di genere sui capi di abbigliamento e promuovere una fluidità di genere di cui ultimamente si sta sempre di più prendendo consapevolezza.

 

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Nel magazine vediamo il cantante con una mini giacca da smoking e un vestito da donna, con corpetto e balze in pizzo. Dietro a questo outfit si cela il nome di Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, con cui Styles aveva collaborato anche in occasione del Met Gala 2019, dove per l’occasione sfoggiò un look abbastanza androgino.

I fan e buona parte della comunità LGBT+ sicuramente è stata ben contenta di vedere un uomo che abbatte gli stereotipi di genere. Dall’altro lato molte polemiche e molti attacchi, provenienti da diversi senatori repubblicani statunitensi. Negli attacchi si parla di “costante femminilizzazione dei nostri uomini”, un’invocazione ad una virilità sempre più perduta, una caduta della cultura pop. Insomma, niente di eclatante nell’ala repubblicana del paese a stelle e strisce.

LE VERE QUESTIONI DA PORSI IN MERITO

Tuttavia, un’altra domanda interessante è sorta all’interno della discussione sulla copertina del mensile di moda più famoso al mondo: È davvero una rivoluzione?

Marianna Tognini su Rolling Stone Italia è stata colei che ha posto il quesito. La risposta va letta tra le righe del suo articolo, ma è meglio dirlo esplicitamente: No, non è di certo rivoluzionario. Contribuisce alla causa, ma non ha stravolto nulla che fosse già stravolto prima.

Harry Styles non è di certo il primo uomo nella cultura pop moderna a sfoggiare look androgini e promuovere la fluidità di genere: David Bowie, Prince, Elton John e Grace Jones lo fecero tempo addietro e lo fecero sempre, non solo in occasione di grandi eventi o di una copertina. Senza andare troppo lontani nel tempo, Billy Porter è un esempio attuale e simbolo della fluidità di genere anche nella moda – non scordiamoci il suo iconico vestito pomposo alla notte degli Oscar 2019.

 

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Inoltre possiamo notare un altro aspetto: perché chiamare un uomo bianco per rappresentare qualcosa il cui merito va principalmente alle donne transgender e in generale alla comunità LGBT+ afroamericana? Avrebbero potuto mettere Porter stesso in quella copertina. Non qualcuno che ha iniziato a diventarne il simbolo solamente per via un direttore artistico di una casa di moda. Sarebbe stata, oltre che una scelta molto coerente, anche un’ottima mossa per avviare una celebrazione delle diversità nel giornale, sia all’apparenza sia dietro le quinte, dal momento che il magazine ricevette accuse di mancata inclusione delle diversità nelle sue copertine tempo addietro.

In sostanza, ripetiamolo un’altra volta: Harry Styles nella copertina di Vogue USA contribuisce sicuramente nell’abbattimento della mascolinità tossica e nella promozione della fluidità di genere. Sarà sempre il suo il primato di primo uomo sulla rivista di Anna Wintour. Tuttavia, non basta questo primato per rendere una cover davvero rivoluzionaria e di forte impatto. Anche perché le icone di questa fluidità sono altre. Styles, d’altro canto, può sempre darci prova di credere in ciò che sta promuovendo nella speranza che non sia solo una strategia di marketing.

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