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Coronavirus, addio a ospedali e rianimazione, ci si curerà a casa. Medici certi: la svolta in un anticoagulante

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Sembra esserci luce in fondo ad un tunnel di troppi morti e di un’Italia paralizzata e isolata. Si chiama eparina il medicinale ammazza-Covid-19, e a spiegarlo sono anatomopatologi di svariati ospedali italiani (Milano, Brescia, Pavia, Bergamo, Napoli, Palermo) che dopo una stretta collaborazione durata settimane con specialisti, cardiologi e neurologi in primis, stanno portando a termine uno studio che potrà davvero mettere la parola fine all’incubo Coronavirus.

La notizia, che è stata ripresa dai principali quotidiani italiani, è tanto sconvolgente (in positivo) quanto sorprendente.

Medici e specialisti ormai da due mesi a contatto con pazienti che hanno contratto il Covid-19 sostengono infatti che “il problema principale non è il virus ma la reazione immunitaria che distrugge le cellule dove il virus entra. Il problema è cardiovascolare, non respiratorio. La gente va in rianimazione per tromboembolia venosa generalizzata, soprattutto polmonare”.

A distruggere il virus potrebbe così bastare una miscela tra anti-infiammatori e anti-coagulanti (tra i quali appunto l’ eparina, medicinale tra l’altro a costo molto ridotto), e soprattutto “se il nostro studio trovasse definitiva conferma non servirebbero più le rianimazioni e le intubazioni perché innanzitutto devi sciogliere, anzi prevenire, queste tromboembolie. Serve a poco ventilare un polmone dove il sangue non arriva”.

Proprio l’uso di questo mix di medicinali, laddove impiegato, sarebbe responsabile della riduzione delle ospedalizzazioni delle ultime settimane, e dunque se la cura fosse certificata il Coronavirus diventerebbe “una malattia curabile a casa – confermano i medici che in questo delicato momento di conclusione degli studi hanno comprensibilmente scelto l’anonimato – Insomma, si potrebbe tornare alla vita normale e riaprire le attività commerciali. Insomma, basta con le attuali restrizioni. Chiaramente non subito, ma molto presto”.

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Foto Claudio Furlan – LaPresse