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Musica

“Harakiri”: il film in musica (a finale aperto) di Samuele Bersani

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l’annuncio del ritorno sulle scene dopo ben sette anni di Samuele Bersani è arrivato, come suo costume, all’improvviso, stavolta nei primi giorni di settembre. Nessun indizio, nessun countdown, nessuna strategia social; solo la (bellissima) cover del suo nono disco in studio, “Cinema Samuele“, concept album dal contenuto cinematografico: dieci tracce, dieci sale, dieci film diversi. Il primo che ha voluto presentare, come un’anteprima fuori concorso di un Festival d’autore, è stato “Harakiri“, pubblicato il 18 settembre per Sony Music Italia.

Un brano che rimette a posto l’universo, arrivato dopo l’indigestione estiva di quei pezzi sempre troppo uguali, troppo scontati, troppo telefonati. “Harakiri” fa riscoprire il fascino della vera canzone non rispettando minimamente i canoni della forma-canzone, essendo fondamentalmente priva di un ritornello e senza ripetizioni di parole.

Sulla tela musicale orchestrata dall’ottimo Pietro Cantarelli – collaboratore storico di Ivano Fossati che ha lavorato in carriera con altri mostri sacri come Giorgio Gaber, Fiorella Mannoia e Tosca – Bersani ci presenta dunque il suo primo film musicale: una storia che parla di di rinascita, con un tipo di descrizione a metà strada tra l’animazione Pixar e il surrealismo delle pellicole di Roy Andersson; un individuo ai margini della società, ingabbiato nella sua solitudine, sta per togliersi la vita in un cinema a luci rosse francese; ma si ferma all’ultimo e si lascia trascinare, ancora, dagli “svliluppi della trama“, dall’onda anomala della vita.

È una persona fragile, sensibile e terribilmente emotiva il nostro protagonista, probabilmente devastato da esperienze pregresse e condizionato da sbalzi umorali non indifferenti (“Davanti a uno specchio di carta argentata pensò: guarda che fisico, potrei dire di aver fatto lo stuntman“).

E se nella seconda strofa l’attore prosegue la sua risalita dall’abisso, ancora a metà strada tra felicità (“Si addormentò spontaneamente/ con il sonnifero lasciato in tasca/ con il sorriso deficiente/ di un imbucato al centro della festa“) e ira (“Davanti ai ragazzi seduti sui cofani che lo provocavano/ Tirò giù anche l’ultimo santo“), è nell’outro che arriva il momento più commovente di tutta l’opera. La sospensione, il Finale. Apertissimo, come i film più belli, impreziosito da una delle immagini più forti ed evocative della storia della musica italiana recente.

Poi dopo una serie di giorni infelici Venne fuori vestito di bianco Sembrava una lucciola in mezzo a un black-out Per fargli un regalo anche il cielo di colpo si aprì A serramanico Come se spalancasse un sipario“. Un lieto fine, l’inizio di una nuova vita, oppure un nuovo harakiri, stavolta compiuto a termine, che segna in qualche modo un principio di liberazione e indirettamente di rinascita, come accade spesso nel peggiore dei casi?

Non c’è una risposta giusta e una sbagliata. La nostra esperienza, i nostri traumi, il nostro vissuto, ci porteranno da una parte o dall’altra; ed è questa la bellezza del cinema, quindi di questa canzone splendida.

VOTO: 10/10

AGGETTIVO: SPLENDIDA

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TESTO

Stava facendosi harakiri
Chiuso in cinema porno francese
Ma dopo i primi tentativi
“Non è il momento”, disse e poi si arrese
Agli sviluppi della trama
Alla profondità dei dialoghi
Per arrivare all’astronave
Quella scatola tutta lamiera
Che non smetteva di tremare
E si appoggiava appena su due pietre
Aveva attraversato i campi
E si era aperto il mignolo di un piede

Canzoni d’amore altamente nocive
Per un cuore già troppo pulsante
Sapendo che in giro non c’era un dottore
Non stava mai lì ad ascoltarle
Davanti a uno specchio di carta argentata
Pensò: “Guarda che fisico, potrei dire di aver fatto lo stuntman”

Si addormentò spontaneamente
Con il sonnifero lasciato in tasca
Con il sorriso deficiente
Di un imbucato al centro della festa
Sognò di avere un’aragosta
Ancora vive dentro una busta
Girò svegliato col cappotto addosso
Con una tanica di acqua di fosso
Da far bollire sul fornello
Tenuto in bilico con un ombrello
Che non poteva più aprirsi
Ma gli era utile per questo e quello

Persino a far finta di avere un fucile
Col quale difendersi e quando
Provavano a superare il confine
Sparava bestemmie di marmo
Davanti ai ragazzi seduti sui cofani che lo provocavano
Tirò giù anche l’ultimo santo

Poi dopo una serie di giorni infelici
Venne fuori vestito di bianco
Sembrava una lucciola in mezzo a un black-out
Per fargli un regalo anche il cielo di colpo si aprì
A serramanico
Come se spalancasse un sipario

ARTISTA: SAMUELE BERSANI

SINGOLO: HARAKIRI

ANNO: 2020

ETICHETTA: SONY MUSIC ITALIA

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