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La vita “contromano” del cantautore Flavio Oreglio

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Fu galeotta la nota introduttiva all’album “Siamo una massa di ignoranti. Parliamone”(nel 2005) regalataci dall’indimenticabile Keith Emerson, quando – parlando del Flavio Oreglio musicista – citò il brano “Una vita contromano”. Un disco eccezionale, quello sopracitato, che – come tutte le esperienze complesse e coraggiose – consacrò l’Oreglio attore, scrittore e ideologo, in cantautore “definitivo”.

Una formazione anni Settanta, un’impronta fusion e prog, una personalità poliedrica, un’identità autoctona in quel di Milano che l’ha visto crescere tra le invettive satiriche del Derby e la canzone d’autore dei Vecchioni e degli Svampa.

Flavio Oreglio

Flavio Oreglio – foto di Roberto Rossi

Flavio Oreglio è un cantautore anomalo, appartenente a quella categoria di musicautori che non si sono (per fortuna…) mai estinti, perché non hanno sposato le mode pop e – seppur con grande fatica – hanno saputo essere coerenti.

Potremmo anche definirlo un cantautore a due anime, una popolare – sempre attenta alla valorizzazione delle tradizioni (con particolare attenzione alle radici milanesi e lombarde – l’altra intellettuale – a favore di un genere astratto come quello di un teatro canzone tra voli country, jazz e rock con deviazioni verso il progressive. Nonostante il tentativo mediatico continuo di collocarlo come attore umoristico e scrittore comico all’interno dello schizofrenico mondo dello spettacolo adoperando le sue diverse abilità eclettiche, Oreglio, dal 1987 al 2019 ha confezionato ben 9 album di inediti.

Tra l’altro la vocalità calda e, in quanto ad ottave, ben dotata, hanno fatto sì che il suo repertorio non si fermasse mai ai soli tre accordi che hanno caratterizzato una certa canzone d’autore, essendo un buon pianista e un conoscitore della chitarra acustica, i suoi album si sono sempre distinti per qualità, ricerca e anti-banalità.

“Melodie e Parodie”, “Clownstrofobia” e “Burlando Furioso” rappresentano una lunga trilogia d’esordio che ha traghettato il giovane Flavio Oreglio dal cantautorato tradizionale al club-canzone, una sorta di teatro canzone da locale che, con le modalità del cabaret originario, lo ha reinventato artisticamente lungo il percorso, fino a trasformarlo nel genere Oreglio.

“Ridendo e sferzando”, titolo della trilogia, è diventato anche un album con dodici tracce prese dalle tre opere (alcune originali, altre rifatte).

Poi c’è stata una lunga pausa discografica – fatta di live e televisione – ma occasione per la scrittura di nuove canzoni.

Sono gli anni della trasmissione Zelig, dove Oreglio prima recuperato tra i Martesana – tributo ai Gufi con Carlo Pastori, Ale e Franz e Claudio Bisio – poi lanciato con le poesie catartiche pubblicate in seguito da Mondadori. Ma la sua passione, e forse anche la sua missione, è nella musica. In quegli anni parallelamente all’onda mediatica crea il progetto Musicomedians, dando vita insieme ad amici artisti e intellettuali anche a un festival (senza discriminazione di genere e linguaggio) dedicato ai cantautori e approfitta del momento catartico per rituffarsi nella musica, divenendo anche promotore culturale.

Nasce una sorta di antologia di inediti (Ho un sacco di compiti per lunedì) che ripropone con una produzione rinnovata e ricca nell’album “E ci chiamano poeti” (pubblicato al top della sua popolarità mediatica) nel quale compaiono special guest straordinari come Oliviero Malaspina e Davide Van De Sfroos.

E poi, appunto, la consacrazione. Nel 2005 arriva “Siamo una massa di ignoranti. Parliamone”, che contiene tutte le caratteristiche identitarie di Oreglio cantautore (attenzione, non canta-attore). Melodie accattivanti, testi ironici, arrangiamenti appunto prog e una Signora Produzione che gli permette di realizzare un Signor Album.

Ma l’anima popolare del Flavio cantautore, prima o poi, è destinata a riemergere: arriva la collaborazione con Dario Canossi e Oreglio, insieme ai Luf, realizza l’album “Giù!”. Un combat folk che si riallaccia ai Modena City Ramblers e a Van De Sfroos, dove i testi sono critici, pieni d’invettiva gucciniana, sfiorando la cosiddetta canzone civile (pensiamo all’omaggio dedicato a Felicia Impastato o a Kabul) e riportandoci, seppur secondo una struttura più indi, a certi mondi anni Settanta.

È il 2008 e con “Giù!” si conclude, dopo vent’anni, la storia – che oggi risolviamo come back catalogue – del cantautore contromano Oreglio.

Ci piace ricordarlo così, mentre con la sua chitarra sfida il vento contrario della mainstream, investito sull’autostrada dell’omologazione da una critica musicale disattenta e svuotata di sentimenti e ideali.

Certo… forse ci sarebbe piaciuto, ricordarlo così.

Ma nel 2019, a sorpresa, contro ogni previsione Oreglio è risorto con il progetto “Anima Popolare” (guarda caso…)  che, da canzone, diventa trilogia. E così, anche questa volta, il cantautore contromano, ci ha preso in contropiede!

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