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Cinema

Teo Ciavarella: i segreti delle colonne sonore per gialli e noir

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Il Maestro Matteo “Teo” Ciavarella ed io ci siamo incontrati qualche tempo fa nel centro storico di Bologna, dichiarata nel 2006 dall’UNESCO Città creativa della Musica,  e sede dell’importantissima Cineteca che restaura pellicole preziosissime della storia Cinema, permettendoci di visionarle col “Cinema Ritrovato”. Impossibile non fare due chiecchiere col Maestro Ciavarella sul suo lavoro come Compositore jazz! Qui sia musicisti che cinefili e/o appassionati di jazz troveranno spunti interessanti riguardo alla modalità di composizione di musica jazz per il cinema giallo/noir.

Ciavarella è attualmente Professore titolare al Triennio Jazz del Conservatorio “G.B. Martini” di Bologna e band leader di diverse formazioni. Tiene regolarmente seminari al Berklee College of Music di Boston. Ha suonato in tutto il mondo con i più celebri musicisti jazz e non, tra i quali Jerry Mulligan, Eddie Gomez, David Sanchez, Jeff Berlin, Luis Bonilla, Lou Fisher, Fidel Morales, Paolo Fresu, Roy Paci, Fabrizio Bosso, Dhafer Youssef, Stefano Di Battista, Henghel Gualdi, la Doctor Dixie Jazz Band, Lucio Dalla, Renzo Arbore, Pupi Avati, Claudio Baglioni, Paolo Conte, Vinicio Capossela, Antonio Albanese, Francesco Baccini, Virginia Raffaele ed altri.

INTERVISTA

E’ sempre molto interessante il ruolo di autore di colonne sonore. Sei un Artista molto conosciuto per la tua attività di musicista cosmopolita, e per essere all’avanguardia nell’uso di software e nuove applicazioni abbinate alla creatività musicale. Qual è la tua esperienza personale come compositore di musica per film gialli/noir? E qual è il primo step per un musicista che si trova ad “interpretare” questo genere?

E’ vero, c’è sempre un approccio personale quando ci si trova a comporre musica per immagini. Mi ricordo quando qualche estate fa il Comune di Forlì per la rassegna Piazze d’Estate mi ha chiesto di rimusicare dal vivo in Piazza della Misura, una “nuova” colonna sonora durante la proiezione del celebre film thriller, muto, del 1927 di Alfred Hitchcock, Il pensionante (The Lodger: A Story of the London Fog, adattamento cinematografico da un romanzo del 1913 di Marie Adelaide Lowndes sui delitti compiuti da Jack lo Squartatore, che aveva riscosso grande successo e di cui il produttore del film aveva acquistato i diritti, ndA)

Il film è considerato da Hitchcock stesso “il suo primo vero film” in cui già si vede quella che sarà la firma del “maestro del brivido”: suspense, labilità del confine tra bene e male, semplificazione assoluta dei meccanismi narrativi. In questo progetto mi ha accompagnato alle percussioni Vince Vallicelli. E’ stata un’esperienza molto interessante perchè ho diretto e improvvisato sulle immagini del film, estemporaneamente (avendo già visto il film precedentemente). Il mio approccio in questo caso è stato abbastanza istintivo ma legato comunque all’atmosfera di suspense e thriller che Hitchcock aveva delineato nel film. Sicuramente il primo passo che deve fare il compositore è capire e sentire appieno l’atmosfera e l’ambientazione, la trama, i vari personaggi con le loro sfumature, per poi decidere se musicalmente commentare o no le immagini con più o meno coerenza narrativa.

Quindi come hai poi strutturato la scelta della tonalità su cui “muoverti” e con cui interpretare il mood della musica creata da te?

Innanzitutto ho cominciato con l’assegnare ad ogni personaggio rilevante per il plot una tonalità: ad esempio al personaggio principale maschile Jonathan Drew, il pensionante appunto (l’idolo inglese del teatro Ivor Novello), ho assegnato una tonalità minore, Do diesis minore. Questa tonalità ci dà il giusto mood per raccontare il personaggio: spigoloso, schivo, misterioso. Ho scelto invece di raccontare il personaggio principale femminile Daisy Bunting (June Howard Tripp) con la tonalità di Do maggiore e della sua relativa La minore: dolce, delicata, vezzosa, e dal carattere totalmente opposto al protagonista maschile. Ho poi fatto largo uso di scale: esatonali, diminuite, sia di tono-semitono che semitonotono (la scala diminuita tono-semitono comprende una successione intervallare costruita separando ogni grado della scala con l’alternanza di toni e semitoni. Partendo quindi dal I° grado si sale al grado successivo, il II, distante un tono, a quello dopo, il III, distante un semitono e così via. Solitamente, viene intesa la scala diminuita proprio nella successione tono-semitono che di solito è abbreviata in scala diminuita t-st, ndA). Nonostante abbia mantenuto durante tutto il film queste tonalità di riferimento, ho suonato un jazz fusion e contemporaneo, di matrice atonale e free jazz, spaziando nel jazz modale di cui ho usato il modo frigio, ottenendo quel carattere malinconico che permea molte scene del film.

Seguendo quindi il fil-rouge delle colonne sonore per i film gialli e noir, mi pare di capire che in questo tuo lavoro per il film di Hitchcock tu ti sia avvalso di un modus operandi “alla Miles Davis” quando registrò la colonna sonora di Ascenseur pour l’échafaud (Louis Malle, 1957)! E se ti ritrovi in questa mia considerazione, quali possono essere, a tuo parere, i pro e i contro di un processo compositivo (nelle colonne sonore) “alla Davis” di Ascenseur e di un processo “alla Duke Ellington” in Anatomy Of A Murder (Otto Preminger, 1959)?

Vado subito al punto: Davis improvvisando con i suoi musicisti in una notte e vedendo il film per intero la prima volta alla sola presenza del regista Malle, si affida totalmente al suo estro con un procedimento di grande immediatezza, fresco ma allo stesso tempo più rischioso. Lo stile della performance è quindi spontaneo e istintivamente sincero, quasi senza mediazioni. Ellington invece, essendo arrivato alla sessione di registrazione con partiture composte prima, ha avuto la possibilità di “meditare” su quello che stava componendo, avendo comunque lasciato la sua impronta personale. D’altronde si realizza più spesso questo secondo tipo di composizione per quanto riguarda le colonne sonore, soprattutto per ragioni economiche e di produzione, in cui ci si deve attenere a linee-guida predefinite. E comunque qualsiasi tipo di colonna sonora necessita di una sua coerenza narrativa, che sia di commento che di contrasto con gli eventi del film.

Parlando di processo alla Ellington mi viene in mente quando ho composto dirigendo e suonando col Quartetto d’archi Alborada la colonna sonora per il film muto L’age d’or diretto da Buñuel nel 1930. Questo evento faceva parte della rassegna Musique Lumière del 1997.

Arriviamo al famoso quesito: il “crime jazz”, la musica jazz considerata colonna sonora ideale del genere giallo e noir, è uno stereotipo, secondo il tuo parere di jazzista?

Sì io credo di sì. E’ vero che il jazz si può prestare come colonna sonora di film noir o thriller ma è anche vero che è sempre stato usato per accompagnare anche commedie romantiche, film musicali, comici, d’animazione, ecc. Non penso quindi ci sia una correlazione univoca tra musica jazz e cinema giallo. Prendo come esempio una celebre composizione non jazz ma comunque significativa, usata in diversi film: l’Adagio for Strings di Samuel Barber (arrangiamento di Barber di un suo movimento composto già nel 1936, il Quartetto per Archi n.1, op. 11. Il pezzo, nella sua versione trascritta per orchestra, è stato eseguito per la prima volta da Arturo Toscanini nella direzione dell’Orchestra sinfonica della NBC nel 1938 a New York. David Lynch l’ha utilizzato per la prima volta per The Elefant Man, 1980, inserendolo in coda al film per esprimere maggiore emotività. La sua integrazione in campo cinematografico è nota soprattutto in Platoon di Oliver Stone, 1986, nelle scene di maggiore impatto come le immagini di guerra, N.d.A).

In un certo senso si tratta di una musica “fuori contesto” rispetto alle immagini crude e shockanti che accompagna: scene che raccontano la guerra del Vietnam in tutto il loro realismo. Ma proprio per questo contrasto tra la maestosità e liricità dell’Adagio e la violenza del film risulta ancora più efficace. Come dicevo anche prima, la coerenza di una colonna sonora può “funzionare” sia per consonanza alla narrazione che per dissonanza e contrasto.

L’intervista è finita ma poco dopo l’argomento riprende a fare parte della nostra chiacchierata: infatti a Teo viene poi in mente il film I favolosi Baker (The Fabulous Baker Boys, scritto e diretto da Steve Kloves nel 1989) per la sua colonna sonora originale, scritta da Dave Grusin, e che è stata parte integrante del successo del film. Ha vinto infatti i Grammy Awards per “Miglior Album”, “Migliore Partitura di sottofondo per film o per Televisione” e “Miglior Arrangiamento strumentale d’accompagnamento vocale” con My Funny Valentine

La musica per The Fabulous Baker Boys” (premi Golden Globe, BAFTA, National Board of Review Awards a Michelle Pfeiffer come Miglior Attrice) ricorda lo stile dell’album di Miles Davis Kind of Blue (1959) e le sonorità cool jazz tipiche delle formazioni di Davis negli anni ’60, soprattutto nelle melodie della tromba con sordina, nelle linee decise del sax tenore con molti punti di pedale (una nota, solitamente al basso e sulla tonica o sulla dominante, sostenuta attraverso cambi armonici, dissonanti spesso, in altre voci . Anche chiamata “nota d’organo” perchè proviene dalla musica per organo per la capacità di questo strumento di tenere a lungo delle note, N.d.A).

Tracklist del film

  1. Welcome To The Road- Dave Grusin
  2. Lullaby Of Birdland- (cantata da) Michelle Pfeiffer
  3. Suzie And Jack- Dave Grusin
  4. Moon Glow – Dave Grusin
  5. Do Nothin’ Till You Hear From – Dave Grusin
  6. The Moment Of Truth- Dave Grusin
  7. Jack’s Theme – Dave Grusin
  8. Shop Till You Bop – Dave Grusin
  9. Soft On Me – Dave Grusin
  10. Makin’ Whoopee/My Funny Valentine – (cantata da) Michelle Pfeiffer

Dalla track list del film infatti emerge l’inserimento di notissimi standard jazz anche per questa commedia drammatica/musicale.

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