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Eurovision Song Contest

Eurovision 2022: le pagelle della Finale. Ucraina vola, Serbia maestosa. Italia imprecisa

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Eurovision 2022: le pagelle della Finale. Ucraina vola, Serbia maestosa. Italia imprecisa

Siamo arrivati alle pagelle della Finale dell’Eurovision 2022. Trionfa l’Ucraina proseguendo la lezione dei GO-A, la Serbia è ancora maestosa. Mahmood e Blanco imprecisi (come a Sanremo).

La Kalush Orchestra, rappresentante dell’Ucraina, ha vinto grazie al brano “Stefania” l’edizione 2022 dell’Eurovision Song Contest, rassegna andata in scena questa settimana al Pala Olimpico di Torino. La band, già nelle zone alte dopo la tranche delle giurie, ha fatto letteralmente il vuoto al televoto, dove ha ottenuto la bellezza di 439 punti.

Una vittoria certamente contraddistinta da un grande messaggio politico e sociale, vista la guerra ancora in corso. Ma non solo. Anche l’anno scorso a Rotterdam la proposta ucraina firmata dai Go-A, per certi versi simile nell’approccio a quella di quest’edizione (contemporaneità e tradizione che si fondono), aveva ricevuto un riscontro molto importante al televoto, portando a casa oltre 300 punti, simbolo comunque di un apprezzamento generale in questo contesto boostato dai recenti fatti bellici. Ha vinto la canzone migliore? No. Ma siamo sicuri che nel 2021, annata che ci interessa particolarmente, abbia vinto proprio il pezzo migliore?

Tolta questa premessa, vediamo le pagelle inerenti alla Finale dell’Eurovision 2022, dove non sono mancate sorprese e alcune scoperte dell’acqua calda, tipo quella in chiave Italia..

LE PAGELLE DELLA FINALE DELL’EUROVISION 2022

Repubblica Ceca We Are Domi, Lights Off 6

Esempio perfetto di canzone intelligente: siamo in un terreno scivolosissimo, quello dell’elettropop-dance, affrontato però nel migliore dei modi anche grazie alla prestazione della cantante, abilissima a non invadere lo spazio fondendosi perfettamente con la produzione, non optando quindi per una performance vocale virtuosa. I suoi acuti, durati nel giusto, hanno dato il giusta spinta a tutto il resto. Bene.

Romania WRS, Llámame 9

Un vero peccato che sia stato collocato soltanto all’inizio della scaletta. Questo piccolo gioiello trash meritava un’attesa maggiore. WRS è seduzione, danza, voglia e divertimento. WRS è il brano del Festivalbar che aspettavamo di ballare in piedi sul divano (ovviamente sudatissimi). WRS è trash, è kitch, ma è francamente irresistibile. L’alto rango musicologico dirà: spazzatura. Bazzecole: già li vedo in metropolitana spararsi questo brano su Spotify in rigorosa sessione privata.

Portogallo MARO Saudade, Saudade 7

Il Portogallo è tornato alle frequenze raffinatissime che hanno già trionfato con Salvador Sobral nel 2017. Lo ha fatto con un brano più conturbante e percussivo, sostenuto da una timbrica bellissima e da tante sfumature musicali tutte da cogliere. La bellezza però rimane sospesa da una non-esplosione: tutto rimane estremamente cullante senza scossoni, qualcosa di straniante in un contesto pirotecnico come quello dell’Eurovision.

Finlandia The Rasmus, Jezebel 6+

Lunga vita al pop rock fatto bene, leggermente retromane, sì un po’ stucchevole e decisamente anni 90’s ma performato e costruito benissimo. Sarà che siamo ormai dei grandi boomer, ma ai The Rasmus non si può volere che bene. Esplosivi.

Svizzera Marius Bear, Boys Do Cry 3

Brano che ha passato il taglio non si sa come, probabilmente grazie alla vocalità del nostro, effettivamente notevole. Ma la voce non basta e non può essere messa al servizio di un passaggio con davvero così poca sostanza. Un passo indietro per la Svizzera rispetto al 2021. Massacrato al televoto (e allora perché lo avete fatto passare? Mah).

Francia Alvan & Ahez, Fulenn 7+

Operazione simile ai Go-A come intento, un sound acido e aggressivo cantato in lingua bretone, molto affascinante e impattante con una bass line poderosa. Un brano strutturato nel migliore dei modi, originale e supportato da uno special fortissimo. Un pezzo che va nella direzione opposta rispetto a “Voilà”. E sì, è una bellissima notizia. Malgrado la débâcle in classifica.

Norvegia Subwoolfer, Give That Wolf A Banana 4

Ora, noi che siamo cresciuti a pane e Liberato davvero possiamo mai abboccare al tentativo della compagine norvegese? Al netto della nota di colore, ovvero il giallo che nasconde l’identità dei nostri (pare sconosciuta), il pezzo proposto continua a non convincere a pieno, intrattenendo giusto per quei tre minuti di performance per poi sparire nel nulla. Decisamente più interessante capire invece chi si cela in realtà dietro quelle maschere, forse Livio Cori e Calcutta?

Armenia Rosa Linn, Snap

Insieme ad Achille Lauro, quella dell’Armenia è stata forse la scenografia più curata di questa edizione. In tal senso a stupire è sempre il colpo ad effetto del finale, utile a impreziosire una canzone che, da sola, avrebbe mostrato più debolezza e meno efficienza.

Italia Mahmood e Blanco, Brividi 6-

L’Italia è un Paese strano. Soltanto ieri sui social sono emersi i problemi di intonazione dei due artisti, già abbondantemente sciorinati durante tutte le serate del Festival di Sanremo. Un’esecuzione modalità diesel per i nostri rappresentanti, molto imprecisa nella prima strofa e un po’ più pulita nel resto. Al netto della buona canzone, siamo sicuri che l’Italia abbia rispettato a pieno le aspettative in termini di performance? Non ne siamo sicurissimi.

Spagna Chanel, SloMo 8+

Dopo tanto sonnecchiare la Spagna entra a gamba tesissima con una performance oggettivamente pazzesca, incendiaria, travolgente. Tutto l’hype creato intorno a lei è stato ripagato con i fatti: “sloMo” è proprio una hit costruita benissimo, di quelle che possono vivere di vita propria anche senza tutto il baraccone. Chiaramente il target è quello estivo, da spiaggia. Ma le hit da ombrellone, Signori miei, bisogna saperle fare. E loro in questo sono capo Mastri da sempre.

Olanda S10, De Diepte

La bellezza della semplicità. Malgrado una pagina di musica raccolta e profondamente minimale, S10 con la sola potenza della timbrica (stupenda) e della comunicazione visiva riesce a estraniarsi dal chiassoso e distratto contesto, il tutto con un ritornello tanto elementare quanto funzionale e concreto, composto soltanto da vocali. Una specie di Lana Del Rey dei tempi d’oro, più sofisticata.

Ucraina Kalush Orchestra, Stefania 7

L’urban che abbraccia la tradizione, un bridge che sembra quasi un canto liberatorio cantato a squarciagola da tutto il Pala Olimpico. La contemporaneità contaminata dal folk funziona ancora benissimo e l’Ucraina, grazie soprattutto a un inciso da manuale, riesce a convincere anche quest’anno, uscendone ancora più forte e unita dall’abbraccio di tutta l’intera Europa. Un momento bellissimo e una vittoria che passerà comunque alla storia.

Germania Malik Harris, Rockstars 3

La Germania, al contrario della Spagna, continua a dormire tantissimo. Stavolta tocca l’apice più basso con una proposta tra Macklemore e clean rap, con una spruzzata di Justin Bieber di metà carriera nel mezzo. Il risultato è debolissimo. 0 punti dalle giurie, pochissimi al televoto. Urge una rifondazione

Lituania Monika Liu, Sentimentai 5

Solo due esibizioni non possono bastare a pieno l’effettiva identità e personalità di Monika. Il suo è davvero un tratto raffinato, così come il look suggerisce? Rimaniamo con il dubbio. Anche perché del brano, ad eccezione di un paio di belle intuizioni, non rimane veramente niente.

Azerbaijan Nadir Rustamli, Fade To Black 5-

Interpretazione incentrata sul pathos ma posticcia. Il solito pezzo eurovisivo classico, emozionale ed onestamente anche molto prevedibile. Si lascia ascoltare malgrado tutte le formule abbondantemente consumate da colleghi, coevi e non.

Belgio Jérémie Makiese, Miss You 4+

La qualificazione di questo Paese in Finale rappresenta un vero e proprio mistero Europeo, di quello da discutere alla Corte di Bruxelles, per intenderci. Il nostro amico Jérémie si lascia andare in passaggio a tinte soul di metà anni zero portato a casa con talento e audacia. Ma la canzone è davvero troppa poca roba e neanche il carisma dell’artista riesce a mettere una toppa.

Grecia Amanda Georgiadi Tenfjord, Die Together 7-

Una della canzoni più inattaccabili di tutta la rosa, costruita e tagliata con l’accetta per colpire. Pur non proponendo niente di effettivamente rilevante riesce comunque ad arrivare agli spettatori e a fare una buona figura a tutto tondo.

Islanda Systur, Með Hækkandi Sól 6

Chiudiamo gli occhi e immergiamoci con la mente in un festival indie, quelli con i cocktail annacquati a nove euro e l’afrore di salamella che aleggia da più parti. Probabilmente sul palco ci sarà una band estera come questo delizioso gruppo islandese che, malgrado il contesto scoppiettante, non si scompone proponendo la propria visione di musica very 70’s. O li ami alla follia o li detesti. Noi stiamo nel mezzo.

Moldavia Zdob şi Zdub & Advahov Brothers, Trenulețu 6+

L’unica quota locura superstite. Un casino allucinante: country, Balcani, violini, contrabbassi, fisarmoniche e rap. Cosa hanno a che vedere tutti questi elementi tra loro? Assolutamente nulla. Ma siamo all’Eurovision, e siamo qui per divertirci e per imparare. Malgrado qualche perplessità iniziale, sono pazzi e adorabili.

Svezia Cornelia Jakobs, Hold Me Closer 9

Pop di alto livello, visto soprattutto il contesto. Come abbiamo notato già in semifinale, questo brano parte quasi in anonimato, non lasciando particolari sensazioni. Ma poi arriva un ritornello bello, apertissimo e cantabile, per certi versi somigliante al ponte de “Left outside alone” di Anastascia (se ve la ricordate mi dispiace dirvelo, ma state invecchiando), quindi altamente contagioso. Cresce poi nella seconda strofa esplodendo definitivamente nello special, dove viene introdotta un’altra cellula melodica immediata e magnetica. Un brano senza pretese, non originalissimo, ma costruito alla perfezione.

Australia Sheldon Riley, Not The Same 7-

Pare che Sheldon sia il cantante con più partecipazioni ai talent show: li ha fatti tutti, non vincendo praticamente da nessuna parte. Il suo brano è il cliché per antonomasia del pezzo eurovisivo, dalla musica al testo passando per l’interpretazione. Tutto male? Il contrario. Il brano, molto standard, è presentato benissimo, con delle note da capogiro e una quadratura che non ti fa storcere il naso. Scenica, barocca e inutile (e costosissima) la maschera di swaroski, accessorio però che contribuisce in un modo o nell’altro a rendere il tutto iconico. A sto giro però esagera e si lascia andare a una specie di pianto bollywoodiano. Il pubblico non abbocca

Regno Unito Sam Ryder, SPACE MAN 6½

Se volessimo bestemmiare potremmo dire che questo brano sembra la copia ingentilita e poppettara dei Tame Impala prima maniera. Ma non vogliamo essere blasfemi. Rispetto a quanto sfoggiato in precedenza, questa è la proposta d’Oltremanica più forte degli ultimi anni. Buono il falsetto nell’inciso, gradevole lo special che rimanda l’universo britpop. Certo, qualsiasi playlist New Music Friday UK ha pezzi migliori, ma è un passo avanti.

Polonia Ochman, River  3

Spesso si dà a chi nella vita si occupa di musica alta o colta, un’aurea quasi da super eroe. Non tutti sanno che, la maggior parte dei cantanti lirici mondiali sono dei tamarri con pochi eguali che stanno all’opposto di tutto ciò che è classe, eleganza, senso della misura. Il buon Ochman, che il canto lirico l’ha studiato, lo ha dimostrato in questi due giorni, approcciandosi anche al pop in modo esageratamente melò. Liberateci.

Serbia Konstrakta, In Corpore Sano 10

Il contesto goliardico, a volte, può fare danni. Dopo la prima semifinale l’ilarità dei social, complici anche dei commenti da vero facepalm di Cristiano Malgioglio su RAI 1, si è fatta sentire in modo prepotente dopo la performance di Konstrakta. Un tipo di ironia che rigettiamo. Questa è per dispersione la canzone con il significato più bello non solo di questa edizione, ma almeno delle ultime venti. Con un gesto ossessivo, quello di lavarsi le mani, l’artista denuncia a più strati le contraddizioni del nostro vivere, incentrato sulla cura del nostro contenitore, il corpo, e assolutamente imprudente sulle condizioni della nostra psiche. Ma non solo. Attraverso delle parole semplici ma ficcanti la nostra denuncia anche le falle del sistema serbo, facendo emergere ad esempio la mancanza di assicurazione sanitaria. Maestosa. Si diceva che il pubblico non l’avrebbe capita. Ha preso una vagonata di punti proprio al televoto. Funziona.

Estonia Stefan, Hope 2

Gravi stati di allucinazione mentre passa l’ultima canzone all’Eurofestival“, dicevano i Baustelle. Questa performance è l’unica del lotto a rimandare in qualche modo alle atmosfere di Sanremo, non per il pezzo ma per il senso respingente che trasmette. Avete presente il classico brano festivaliero selezionato non si sa come nella rosa dei big che siamo costretti a sorbirci ogni sera, possibilmente verso la fine della scaletta? Ecco. Questa paginetta di musica, cliché a tinte western, non doveva arrivare in Finale, e non ce ne voglia il buon Stefan e il suo bel vocione.

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Crediti Foto: Louise Bennet, EBU (Eurovision Song Contest)