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Il “DDL Ferragni” e la scelta dell’Influencer di giocarsi il ruolo della vittima

Errore di comunicazione o truffa? L’ipotesi della magistratura sullo “schema Ferragni” e il danno di reputazione ed economico. “Sono lieta che il governo abbia voluto velocemente riempire un vuoto legislativo”, ha dichiarato l’imprenditrice digitale in una nota

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Il "DDL Ferragni" e la scelta dell'Influencer di giocarsi il ruolo della vittima
Crediti Foto chiaraferragni instagram

Il parlamento sta discutendo il DDL volto a disciplinare il rapporto fra attività commerciali e beneficenza, soprannominato dalla stampa, “DDL Ferragni”, dato che la proposta di legge mira a fornire regole e sanzioni chiare per tutti i soggetti (compresi gli influencer), che vogliano coniugare vendita e beneficenza per evitare il ripetersi di uno scandalo simile a quello che ha travolto l’influencer cremonese. Il DDL ha scatenato reazioni forti e contrastanti sui social e fra gli addetti ai lavori: ai fan dell’imprenditrice-influencer è sembrata la prova del 9 di un accanimento politico nei confronti della propria beniamina, ai detrattori della Ferragni invece è sembrata una norma sacrosanta per evitare che tutti i soggetti coinvolti in attività di beneficenza paghino l’errore della Ferragni.

Errore di comunicazione o truffa?

Il problema aperto rimane però quale sia stato effettivamente l’errore della Ferragni. L’influencer continua a sostenere la linea difensiva scelta fin dal celeberrimo video di scuse pubblicato subito dopo la scandalo: l’errore che ha compiuto è di “comunicazione”, cioè del non aver saputo comunicare in maniera chiara e corretta che nell’affaire Balocco la donazione era già stata fatta dall’azienda prima dell’ingaggio dell’influencer, e quindi l’imprenditrice cremonese non era tenuta a dare nulla in beneficenza del suo cachet. Tuttavia, la multa comminata dall’antitrust e le indagini della magistratura lasciano intravedere molto più di un semplice errore di comunicazione: l’accusa infatti è quella di uno schema reiterato di truffa aggravata, che riguarda non solo la questione Balocco ma anche le bambole Trudi e le uova di Pasqua di Dolci Preziosi.

L’ipotesi della magistratura sullo schema Ferragni

In cosa consisterebbe in pratica questo schema? Nel far credere tramite una comunicazione fraudolenta che una parte del ricavato delle vendite sia destinato alla beneficenza in modo da spingere i followers a comprare per aumentare la cifra da destinare in donazione, quando in realtà la cifra destinata alla donazione è stata già donata dall’azienda che ha ingaggiato la Ferragni prima della campagna commerciale (e quindi non dipende in alcun modo da quanti prodotti saranno venduti). Nel caso delle bambole Trudi l’accusa è ancora più grave: secondo l’ipotesi della magistratura, nemmeno un euro del ricavato delle bambole è mai finito nel conto corrente dell’associazione statunitense Stomp Out Bullying che si occupa di contrasto al cyberbullismo.

L’ambiguità della difesa: dall’errore di comunicazione al vuoto normativo

La Ferragni, data la difficoltà nel sostenere la linea difensiva “dell’errore di comunicazione”, ha sfruttato il DDL sulla beneficenza per fornire un’altra giustificazione all’opaca gestione delle attività commerciali coniugate alla donazione: l’influencer infatti ha affidato al suo ufficio stampa un interessante nota di commento al DDL in discussione al Parlamento.

“Sono lieta che il governo abbia voluto velocemente riempire un vuoto legislativo. Quanto mi è accaduto mi ha fatto comprendere come sia fondamentale disciplinare con regole chiare le attività di beneficenza abbinate alle iniziative commerciali. Questo ddl consente di colmare una lacuna che da una parte impedisce di cadere in errore, ma dall’altra evita il rischio che da ora in poi chiunque voglia fare attività di beneficenza in piena trasparenza desista per la paura di essere accusato di commettere un’attività illecita”.

I commenti su Instagram limitati ai feedback positivi

L’influencer lascia quindi intendere di essere stata vittima di un vuoto normativo che le ha impedito di organizzare in maniera chiara e trasparente le sue iniziative. Un’ulteriore giustificazione che però sembra aver persuaso solamente la sua fanbase hardcore, già convita dell’innocenza della propria beniamina: i commenti sul suo profilo Instagram infatti sono stati riaperti da poco -fino al 22 Gennaio erano disabilitati- e sono limitati ai soli feedback positivi… segno di un’evidente paura delle critiche, che non potendo essere indirizzate a Chiara vengono postate sotto i profili delle due sorelle (Francesca e Valentina).

I problemi legali meno preoccupanti di quelli economici e di reputazione

Qualunque idea si abbia sulla Ferragni, due sono gli elementi sicuri: le indagini della magistratura sul presunto schema di truffa dureranno per mesi (se non anni) e saranno costantemente attenzionate dalla stampa, costringendo l’influencer a doversi giustificare periodicamente con i media e i followers per quanto accaduto. Per tutto il tempo in cui dureranno le indagini e quindi l’attenzione negativa dei media, le aziende si terranno ben a distanza dall’influencer di Cremona: nessun brand vuole legare la propria immagine ad un nome sospettato di aver sfruttato la beneficenza per aumentare il proprio fatturato. Un danno di reputazione e quindi economico difficile da stimare, sia per la durata sia per quantità di denaro bruciato: tutto dipende da quanto veloce sarà la magistratura e da quanto il progresso delle indagini attrarrà l’interesse dei quotidiani.
Due variabili che non solo Chiara Ferragni non può controllare, ma che ha dimostrato di non saper nemmeno assorbire a livello comunicativo: come abbiamo visto la linea difensiva finora adottata non è solo debole argomentativamente, ma sembra incapace di convincere chiunque non appartenga alla sempre più sottile fanbase dell’influencer cremonese.

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