Idee & Consigli
L’arte del cambiamento: gli allenatori che ruotano di più in Serie A
La Serie A, da sempre patria della tattica e delle sfumature, è diventata il terreno ideale per questa filosofia

Nel calcio moderno, la parola “titolare” ha perso gran parte del suo significato. Non esistono più undici intoccabili, ma gruppi ampi, flessibili, pronti a cambiare volto da una settimana all’altra. È l’effetto di un calendario sempre più fitto, di un gioco che richiede intensità costante e di allenatori che preferiscono l’adattamento alla rigidità.
La Serie A, da sempre patria della tattica e delle sfumature, è diventata il terreno ideale per questa filosofia del cambiamento. Non è più solo una questione di turnover o di infortuni: è una vera e propria strategia, una visione che mette al centro la forma del momento e la duttilità dei calciatori.
Vieira e il Genoa alla ricerca della formula giusta
L’avvio di stagione del Genoa di Vieira non è stato dei più semplici. Dopo la conferma dell’ex campione del mondo, la squadra rossoblù ha faticato a trovare continuità e una precisa identità tattica. Il tecnico francese, da sempre propenso alla sperimentazione, ha alternato moduli e interpreti nel tentativo di dare equilibrio a un gruppo giovane e in evoluzione.
Vieira non è un allenatore da schemi fissi: preferisce leggere la settimana di allenamento e schierare chi mostra la miglior condizione fisica e mentale. È un approccio pragmatico ma anche rischioso, perché richiede che tutta la rosa resti sempre concentrata e pronta. Di conseguenza, il Genoa è diventato una delle squadre più difficili da decifrare della Serie A: spesso sorprende per l’assetto o per le scelte dell’undici iniziale, variando da un 4-2-3-1 più classico a soluzioni con tre difensori e attacco fluido.
Questa imprevedibilità ha alimentato la curiosità dei tifosi, che seguono con attenzione ogni possibile scelta del tecnico. È ormai un’abitudine, alla vigilia di ogni partita, dare un’occhiata alla probabile formazione del Genoa sul sito Genoa Oggi per provare a intuire le mosse di Vieira e capire chi sarà protagonista nel weekend. Un gesto che racconta bene quanto il club ligure sia ancora un cantiere aperto, ma anche quanto l’entusiasmo intorno alla squadra resti vivo e partecipato.
Tudor e la Juventus del turnover offensivo
Tra gli allenatori che amano cambiare c’è anche Tudor. Alla guida della Juventus, il tecnico croato ha portato una ventata di imprevedibilità, soprattutto in attacco. La sua gestione del reparto offensivo è quasi scientifica: ogni partita diventa un’occasione per mescolare le carte, alternando punte centrali, esterni e trequartisti a seconda dell’avversario.
Tudor non ha paura di lasciare in panchina nomi importanti se la condizione o il contesto lo suggeriscono. Anzi, considera la concorrenza interna una risorsa. Il suo approccio ricorda quello dei grandi tecnici europei, dove l’idea di squadra supera quella dell’individualità.
Questa filosofia ha reso la Juventus meno prevedibile ma anche più difficile da leggere per gli avversari. Ogni settimana l’attacco cambia volto, con rotazioni che coinvolgono tutti i componenti della rosa da Vlahovic a David passando per Openda, Conceicao e Yildiz.
Italiano e il Bologna della rotazione intelligente
Dopo l’esperienza alla Fiorentina, Italiano ha portato le sue idee al Bologna, mantenendo lo stesso approccio dinamico che lo contraddistingue. L’allenatore siciliano crede nel calcio propositivo e veloce, ma soprattutto nella valorizzazione dell’intera rosa.
Nel suo Bologna, i ruoli sono intercambiabili: i centrocampisti si alternano come mezzali e mediani, gli esterni si scambiano posizione durante la gara e la linea difensiva viene spesso adattata alle caratteristiche dell’avversario. Italiano è convinto che il rendimento dipenda dal ritmo e dall’intensità, non dai nomi. Lo scorso anno il tecnico nato in Germania ha cambiato l’undici iniziale per ben 51 volte su 51 partite disputate.
La sua gestione ruota attorno all’idea di allenare tutti per giocare tutti: chi si allena bene, gioca, indipendentemente dal curriculum o dall’età. È un metodo che mantiene alta la competizione interna e, finora, ha garantito risultati convincenti, con un Bologna capace di alternare giovani emergenti e veterani di esperienza senza mai perdere equilibrio.
Fabregas e il Como dei giovani
In Serie A c’è anche chi, pur alla prima grande esperienza da allenatore, ha dimostrato una sorprendente padronanza nella gestione del gruppo. Fabregas, alla guida del Como, ha imposto uno stile moderno, in cui la flessibilità è la regola.
L’ex campione spagnolo ha portato nel campionato italiano la cultura del possesso palla, ma anche la mentalità del tutti utili: ogni calciatore è considerato parte integrante del progetto e viene impiegato in base alla forma del momento. Il Como di Fabregas è una squadra che cambia spesso volto e che fa ruotare i suoi giovani talentuosi. L’unico a cui il mister spagnolo fa fatica a rinunciare è Nico Paz.
La gestione empatica dello spogliatoio, frutto di un passato da leader in campo, è diventata un punto di forza. I giocatori sanno che avranno spazio e questo aumenta la motivazione e la competitività interna.