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Omicidio Willy, i giudici: “Calci e pugni inferti con furia cieca: i fratelli Bianchi consapevoli di poterlo uccidere”

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Un calcio al petto. Violentissimo. E poi ancora calci e pugni, inferti sul corpo inerme di Willy Monteiro Duarte, 21 anni appena compiuti, “con furia cieca”, fino alla tragedia. Una tragedia che si poteva evitare, ma che gli assassini di Willy non hanno voluto evitare, “consapevoli che potevano ucciderlo”. Sono i drammatici passaggi della sentenza di condanna della Corte d’Assise di Frosinone nei confronti di Gabriele e Marco Bianchi, condannati entrambi all’ergastolo, di Francesco Belleggia (condannato a 23 anni di carcere) e di Mario Pincarelli (21 anni), tutti responsabili della morte del giovane italiano di origini capoverdiane, brutalmente ucciso durante un pestaggio a Colleferro il 6 settembre 2020.

Settantaquattro pagine che ricostruiscono nei dettagli quanto accaduto quella drammatica notte, quando una banale lite verbale è “degenerata” – si legge nella sentenza – con l’arrivo dei Bianchi, in una tragedia. Per i magistrati è stato il calcio inferto al petto del giovane da Gabriele Bianchi a portare alla morte del 19enne. L’irruzione dei Bianchi “sulla scena di una disputa sino ad allora solo verbale, e comunque in fase di spontanea risoluzione, fungeva da detonatore di una cieca furia – scrivono i magistrati -. I quattro si compattavano a falange ed avanzavano in modo sincrono, impattando contro il corpo del povero Willy che si era appena intromesso per capire cosa stesse accadendo”. Secondo i magistrati “è proprio in quel momento che egli veniva colpito da Gabriele Bianchi con un violentissimo calcio frontale al petto portato con tecnica da arti marziali che lo sbatteva contro un’auto in sosta. Ed il tentativo del povero ragazzo di rialzarsi veniva respinto dapprima con un pugno del medesimo Gabriele Bianchi mentre il fratello con un calcio neutralizzava il tentativo del Cenciarelli di correre in aiuto di Willy e, poi, da calci e pugni inferti da tutti e quattro gli imputati, finanche mentre il ragazzo era inerme a terra; il tutto nel brevissimo volgere di pochi secondi”.

“E’ inequivocabilmente indicativo del dolo omicidiario – si legge ancora nella sentenza -. Gabriele sapeva di sferrare contro il povero Willy un colpo che, in quanto vietato dalle regole delle arti marziali, era potenzialmente mortale“. La sentenza, dunque, conclude che tutti gli imputati “avevano la percezione del concreto rischio che attraverso la loro azione Willy potesse perdere la vita, e nondimeno hanno continuato a picchiarlo”.

 

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Crediti foto: Facebook