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La serie tv The Witcher è un fallimento

La serie tv The Witcher è un fallimento. Decine di milioni di dollari di passivo, Cavill furioso e il pubblico che fugge altrove. Eppure all’inizio sembrava un successo assicurato: tratta da un ciclo di romanzi bestseller e sorella di una saga videoludica da 70 milioni di copie, la serie originale Netflix era pensata per coniugare alto budget, qualità artistica e ascolti record. Invece il pubblico non ha mai amato la serie, trovandola una copia sbiadita di Got e del Signore degli Anelli.

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La serie tv The Witcher è un fallimento. Decine di milioni di dollari di passivo, Cavill furioso e il pubblico che fugge altrove. Eppure all'inizio sembrava un successo assicurato: tratta da un ciclo di romanzi bestseller e sorella di una saga videoludica da 70 milioni di copie, la serie originale Netflix era pensata per coniugare alto budget, qualità artistica e ascolti record. Invece il pubblico non ha mai amato la serie, trovandola una copia sbiadita di Got e del Signore degli Anelli.
crediti foto henrycavill Instagram

Netflix non sa più come smarcarsi dalla serie The Witcher. Ideata per essere una serie ad alto costo capace di ascolti record, si è trasformata in un buco nero capace di inghiottire decine di milioni di dollari. Eppure il successo sembrava assicurato: i romanzi sono dei bestseller e la serie videoludica ha venduto oltre 70 milioni di copie. Come ha potuto Netflix trasformare una gallina dalle uova d’oro in un disastro finanziario? Andiamo a scoprirlo.

L’impietosità delle cifre

Cominciamo con i numeri. La prima stagione della serie è costata 11,5 milioni ad episodio, la seconda invece 22,5 milioni ad episodio, ed entrambe sono composte da 8 episodi ciascuna. La miniserie spin-off Blood Origin 12,5 ad episodio, ed è composta da 4 episodi. Fino a qui siamo a 319 milioni di dollari, senza contare la terza stagione della serie di cui Netflix ha accuratamente coperto i costi, che si presumono però in linea con le precedenti produzioni. A fronte di questo investimento ingente, il pubblico è decresciuto ad ogni stagione, e le recensioni degli utenti sulla qualità della serie sono sempre stati fortemente critici.

Tanto budget per idee confuse

Il problema della serie tv The Witcher è sempre stato “identitario”. Volendo evidenziare la propria distanza dal videogioco, è riuscita fin da subito ad alienarsi una fetta enorme di potenziali spettatori, che pretendevano la serie tv ricalcasse il più possibile il capolavoro di CD Project Red. Per smarcarsi dalle serie videoludica, Netflix ha voluto ribadire a più riprese che la propria fedeltà va al ciclo dei 6 romanzi partoriti dalla penna di Andrzej Sapkowski. Niente di male in questo, il fatto però è che la serie si distanzia parecchio perfino dai romanzi, senza per questo creare un percorso suo che giustifichi la libertà presasi dal ciclo dello scrittore polacco.

Essere nani fra giganti

Non seguendo né il videogioco né i romanzi, entrambi dotati di identità forti, Netflix ha preferito dar vita ad un misto mare fra una versione meno eroica del Signore degli Anelli e una più ripulita di Game Of Thrones, riuscendo però a mancare gli elementi che rendevano iconici i due capostipiti. Il Geralt di Rivia netflixiano non è infatti né un antieroe come lo sono i personaggi di GOT, né un eroe duro e puro come i grandi personaggi della Compagnia dell’Anello. Allo stesso modo la serie non si focalizza sull’intreccio fra politica, religione e perversioni individuali come fa GOT, né disegna psicologie eroiche complesse come nel capolavoro di Peter Jackson. Insomma non riesce a copiare e a far suo ciò che ha reso grandi le opere da cui trae ispirazione, navigando a vista sperando prima o poi di imbroccare una propria via.

Lost in traslation

Al disastro concorre un grosso errore di valutazione di Netflix sulla traducibilità del materiale di partenza. L’universo creato da Andrzej Sapkowski è cupo, violento, crudele, tanto realistico dal punto di vista storico e delle dinamiche socio-politiche quanto intriso di mitologia, magie e folklore dell’est Europa. Allo stesso modo, i protagonisti del ciclo romanzesco sono individui feroci, sadici, egoisti, vanitosi e calcolatori. Non assomigliano per nulla né al modello degli eroi USA né ai cavalieri senza macchia e senza paura cari al medioevo occidentale. Sono personaggi profondamente radicati in un mondo letterario ed iconografico slavo, e in questo consiste il fascino “esotico” che ha conquistato l’occidente dopo essere diventato un caso letterario nei paesi dell’Europa orientale. Bene, Netflix ha eliminato gran parte di tutto questo, perché a suo dire incompatibile con la necessità di creare un eroe che piacesse al proprio pubblico occidentale.

Henry Cavill una croce e una delizia

A reggere il peso di tutte queste contraddizioni è stato chiamato Henry Cavill, fan della prima ora sia dei videogiochi che dei romanzi della saga. Cavill si è generosamente caricato il peso della serie sulle spalle, tamponando con la propria straordinaria interpretazione (non che gli altri attori siano stati da meno, anzi) gli svarioni di sceneggiatura e l’indecisione della showrunner Hissrich su dove andare a parare. Lo stesso Cavill però ha anche picconato a più riprese la serie, lamentandosi della scarsa fedeltà ai romanzi e della differenza fra il Geralt di Rivia scritto da Netflix e quello ideato da Andrzej Sapkowski, alimentando così le lamentele dei critici dell’operazione netflixiana. Cavill, infine, con il suo abbandono polemico a fine terza stagione ha praticamente messo la croce sopra la serie, che si vede costretta a cambiare protagonista per la quarta e quinta stagione.

Se non funziona, perché non staccare la spina?

Se la serie non funzionava fin dall’inizio, perché Netflix ha continuato ad investirci invece di sospenderla? La risposta non è semplice. The Witcher è uno dei prodotti originali Netflix che servono a catturare il target degli appassionati di serie fantasy alla GOT, e Netflix non ha altri prodotti con cui fidelizzare questo tipo di pubblico (che è numeroso, molto numeroso). In più i diritti dei libri sono già stati pagati, così come il cospicuo cachet del dimissionario Cavill, e la piattaforma con sede Los Gatos spera di recuperare almeno quegli investimenti, abbassando il costo della serie per la quarta e quinta stagione. A questo si deve aggiungere il danno d’immagine: Netflix aveva annunciato fin dall’inizio che The Witcher sarebbe stata la propria serie originale più costosa, rendendola l’emblema della propria potenza produttiva ed artistica. Abortire la serie significherebbe ammettere che la tanto sbandierata capacità della piattaforma di creare contenuti ad alto costo ed alto potenziale artistico è un’invenzione di marketing, dato che questi prodotti poi non reggono alla prova del mercato.

Cosa aspettarsi?

La serie è morta. A meno che non avvenga un miracolo, Netflix ha dichiarato di aver prodotto la quarta e quinta stagione per chiudere la serie e limitare le perdite. La scelta di sostituire un peso massimo come Cavill con Liam Hemsworth, un buon attore che però ha scarso appeal commerciale (e quindi poche pretese economiche), è l’indice di come a Los Gatos le scelte siano già state compiute. In qualunque caso, The Witcher ha dimostrato che non servono a nulla un attore protagonista di peso ed un alto budget, se il prodotto non ha una sua identità chiara che lo differenzi dalla concorrenza.

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