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Coronavirus

Quando potrebbe scattare di nuovo il lockdown? Ecco gli indicatori di rischio previsti dal governo

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Da lunedì 18 maggio è entrata nel vivo la Fase 2, con la riapertura di negozi, bar, ristoranti, parrucchieri e chiese e il via libera agli spostamenti interregionali senza autocertificazione. Dal 25 maggio sarà la volta di palestre e piscine e dal 15 giugno di teatri e cinema. Il lockdown è solo un ricordo? Non esattamente. Se la curva dei contagi da Covid-19 dovesse tornare ad alzarsi il Governo interverrà nuovamente, come annunciato da più parti in questi giorni, a cominciare dal presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, valutando la gravità della situazione e attraverso chiusure locali mirate a gestire i focolai territoriali oppure optando per chiusure regionali o per aree. Ma quali sono i parametri in base ai quali potrà intervenire decretando nuove chiusure? Vediamoli.

Quando può scattare di nuovo il lockdown

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato il 30 aprile scorso un decreto ministeriale con cui vengono definiti i criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario per l’evoluzione della situazione epidemiologica.“Per classificare il rischio sanitario connesso al passaggio dalla fase 1 alla fase 2 sono stati individuati alcuni indicatori con valori di soglia e di allerta che dovranno essere monitorati a livello nazionale, regionale e locale”, si legge nel decreto.

Per impedire il sovraccarico dei servizi sanitari e per contenere sul nascere nuove espansioni del virus si potrà anche ricorrere a zone rosse circoscritte. Tutte le Regioni dovranno fornire report accurati in relazione ai vari indicatori di allerta.

Gli indicatori di rischio

Gli indicatori sono di tre tipi:

1. Capacità di monitoraggio

La prima tipologia misura la capacità del sistema di sorvegliare l’andamento della pandemia. Non c’è allerta e si può continuare con la Fase 2, se:

  1. Sono indicati in miglioramento almeno il 60% dei nuovi casi sintomatici (calcolati in relazione ai sintomatici censiti)
  2. Sono indicati in miglioramento almeno il 60% dei nuovi ricoverati in infettivologia o pneumologia.
  3. Sono indicati in miglioramento almeno il 60% dei nuovi ricoverati in terapia intensiva e rianimazione.
  4. Deve essere in miglioramento anche il 60% dei nuovi casi censiti per Comune di residenza sul totale dei casi censiti.
  5. Le regioni devono inoltre avere un miglioramento dei trend clinici nel 50% delle Rsa.
  6. Se si riscontrano criticità nelle Rsa, non solo non si può superare la soglia del 30% di strutture in cui tali criticità si presentano ma per non “chiudere” tutto serve avere il trend in miglioramento.

2. Indicatori di processo

La seconda tipologia analizza la capacità di accertamento diagnostico da parte del sistema.

  1. Deve rimanere in diminuzione la percentuale dei tamponi positivi in rapporto ai tamponi complessivi.
  2. Altro paramento critico se passano più di 3 giorni di attesa media tra il manifestarsi dei sintomi e la diagnosi Covid/no-Covid.
  3. Le regioni devono avere numeri di personale adeguato per il contact-tracing.
  4. Le regioni devono avere numeri di personale adeguato per l’esecuzione di tamponi.
  5. Le regioni devono associare ai positivi un censimento idoneo dei contatti stretti.

3. Indicatori di risultato

La terza tipologia considera l’andamento di due segni di buon contenimento che sono stabilità di trasmissione e tenuta dei servizi sanitari.

  1. Non si registra un aumento del numero di casi positivi riportati alla Protezione Civile.
  2. Il tasso di contagio R0 resta inferiore a 1.
  3. Non aumentano i casi settimanali registrati alla rete sentinella Covid.net né i casi giornalieri.
  4. Stabilità dei nuovi casi non associati a catene di infezione note (legato alla app Immuni)
  5. Gli accessi di pazienti con sintomi Covid non aumentano in più del 50% dei Pronto soccorso.

Il decreto indica inoltre come fondamentale indicatore anche la tenuta dei servizi sanitari:

  1. Deve essere occupato da pazienti Covid non più del 30% dei letti di terapia intensiva.
  2. Deve essere occupato da pazienti Covid non più del 40% dei letti in pneumologia o infettivologia.

Quando potrebbe scattare l’allarme?

La probabilità di un focolaio in una Regione, se non sono stati segnalati nuovi casi negli ultimi 5 giorni, è ritenuta bassa. L’allarme è invece considerato più serio se viene accertato un aumento di trasmissione con Rt superiore a 1 (“R con t” è il parametro che indica l’indice di riproducibilità del virus in un dato momento in presenza di misure di contenimento), ma anche se vi sono segnali di sovraccarico dei servizi sanitari.

Il rischio è considerato ancor più grave se, oltre all’aumento dell’indice del contagio, si verificano nuovi focolai negli ultimi 7 giorni in Rsa, case di riposo, ospedali o altri luoghi con popolazioni vulnerabili.

Quando si può parlare di focolaio? 

Un focolaio si verifica quando si accertano due o più casi collegati tra loro o un aumento inatteso del numero di casi in un tempo ed in una località definiti. Quando parliamo invece di case di riposo, per non far scattare il lockdown, è necessario che  almeno il 90% delle strutture residenziali sia Covid-free.

 

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Crediti foto: Shutterstock