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Discoteche chiuse, Linus: “Il mio non voleva essere un attacco alle discoteche, ma una loro difesa”

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Dopo le dichiarazioni rilasciate attraverso i social sulla nuova ordinanza del governo che impone il divieto di ballare nelle discoteche fino al 7 settembre, il direttore di Radio Deejay Linus è stato investito dalle polemiche da parte di chi ha recepito il suo sfogo come un attacco al mondo delle discoteche. “Il mio, però, non è stato un attacco alle discoteche — ha spiegato il conduttore radiofonico — se mai una loro difesa, pensando anche ai gestori che sono stati lasciati a metà del guado: a un certo punto è stato detto loro “aprite”, ma buttandogli addosso tutte le responsabilità”. La questione più che prevedibile, per il direttore artistico di Radio Deejay, era l’impossibilità di evitare assembramenti in luoghi dove, fondamentalmente, si va per assembrarsi.

Non è mancato poi chi gli ha fatto notare che pochi giorni prima della pubblicazione della nuova ordinanza del ministero della Salute, il fratello dj Albertino era sul palco della Praja di Gallipoli, una delle discoteche più criticate per i tanti assembramenti e le poche mascherine. “Mio fratello è adulto e fa le sue scelte. Personalmente non è che la cosa mi facesse impazzire, ma era una sua decisione. Anche solo qualche tempo fa c’era l’idea che i locali si potessero organizzare”. 

“Se prima queste potevano essere opinioni, adesso iniziano ad essere numeri. Sono il primo a dire che non si deve vivere in uno stato di polizia o, comunque, con il terrore continuo. Cerco di fare una vita abbastanza normale, non ho paura di andare la mare o al ristorante, ma era doveroso eliminare tutte le situazioni esageratamente affollabili”, ha spiegato Linus, che in questi giorni ha in corso alcune serate con Radio Deejay in piazza a Riccione. “Stiamo seguendo tutte le regole e le indicazioni della questura. Se gli altri anni questi stessi eventi erano pensati per 15, 20mila persone, oggi la piazza ne ospita 2mila al massimo e tutte sedute: sembra di essere al Cremlino, quando si facevano gli spettacoli per la nomenklatura”.

 

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Crediti foto: LaPresse