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Coronavirus, forte risposta immunitaria dal vaccino di Oxford

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Vaccino Coronavirus Oxford

Buona risposta immunitaria da parte del vaccino di Oxford

Chimpanzee Adenovirus Ox1

Chimpanzee Adenovirus Ox1 è basato su un vettore virale non replicante in cui è stato introdotto, con tecniche di ingegneria molecolare, il gene della proteina spike: la “chiave” che permette al coronavirus di entrare nel corpo umano. La speranza è che, attraverso la vaccinazione, le cellule producano la proteina che attiva il sistema immunitario, affinché neutralizzi l’infezione in caso di contagio. I risultati pubblicati su Lancet riguardano le fasi 1 e 2: la prima permette di verificare sicurezza e capacità, d’indurre risposta immunitaria, nella seconda vengono stabilite dosi e tempi di somministrazione. È poi necessario superare la fase 3, ovvero lo studio di efficacia su migliaia di persone a rischio d’infezione. Solitamente la produzione di un nuovo vaccino richiede circa 8 anni. Nel caso di “Sars-CoV-2” le prospettive sono di 2 anni.

Vaccini

Sono 163, di cui 23 già in fase clinica, i vaccini (in lista) contro “Sars-CoV-2”. 140 sono, invece, a livello pre-clinico e vengono testati, in laboratorio, sugli animali per valutarne le caratteristiche e decidere se procedere alle prove sull’uomo. I potenziali vaccini si basano su quattro meccanismi: vettori virali e Vlp (virus-like-particles), proteine ricombinanti, acidi nucleici e virus inattivati o attenuati. I gruppi di ricerca hanno l’obiettivo principale d’indurre anticorpi, contro la proteina spike, che abbiano la capacità di neutralizzare l’ingresso del virus nelle cellule. Sergio Abrignani, ordinario di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore dell’Istituto nazionale di genetica molecolare “Romeo ed Enrica Invernizzi” spiega:

“Abbiamo ipotizzato che gli anticorpi contro la spike prevengano l’infezione ed è probabile che sia davvero così, visto che Sars-CoV-2 ha dimostrato di mutare poco”

Protezione

Secondo uno studio cinese, pubblicato recentemente su “Nature”, gli anticorpi prodotti durante l’infezione tendono a scomparire dopo 2-3 mesi nelle persone guarite. Qualora il vaccino fosse protettivo, sarà importante stabilire la durata della memoria immunologica indotta. La speranza è che sia più duratura di quella descritta nei soggetti che hanno superato l’infezione e la malattia da “Sars-CoV-2”. Gli anticorpi sono quelli identificati nei test sierologici: le IgM (Immunoglobuline M). Quest’ultime si manifestano entro pochi giorni dalla comparsa dei sintomi e permettono di confermare la diagnosi d’infezione. Le IgG rappresentano la “memoria immunitaria” ma, nel caso di “Sars-CoV-2”, non è noto il tempo e la misura di protezione. Per essere certi dell’immunità occorre avere a disposizione un test che identifichi gli anticorpi neutralizzanti, quelli efficaci nel bloccare l’infezione.

Ricerca

Il vaccino prodotto da “Moderna” si basa sull’iniezione di un Rna che, una volta entrato nelle cellule umane, si dovrebbe tradurre nella proteina spike (che induce a sua volta la formazione di anticorpi neutralizzanti). Ad oggi non abbiamo sul mercato alcun vaccino basato su Rna o Dna. Buoni risultati arrivano da un gruppo di ricerca cinese: Ad5-vectored Covid-19 (sigla del vaccino). proprio come quello dell’Università di Oxford, è basato su un adenovirus attenuato. Nei test di fase 2, su 500 persone, ha mostrato la capacità di indurre la produzione di anticorpi e linfociti T. Per quanto riguarda il vaccino di Oxford, è fondamentale il contributo italiano: l’azienda Advent-Irbm di Pomezia, in provincia di Roma, è uno dei leader globali nella produzione di vettori virali.

Un aspetto importante da valutare, è quello della risposta: nei coronavirus più noti, quelli che scatenano i semplici raffreddori invernali, la memoria immunitaria è estremamente limitata nel tempo, ma non è detto che sia così anche per “Sars-CoV-2“.

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Crediti Foto: LaPresse