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Acque di Fukushima: Greenpeace contro la scelta del Giappone

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La scelta del governo giapponese di sversare nell’Oceano Pacifico le acque con cui sono stati raffreddati i reattori di Fukushima nel lungo periodo dopo il disastro del 2011 ha destato molte polemiche.

Gli strali più grossi sono statti scoccati dalle organizzazioni ambientaliste, che hanno analizzato meglio i documenti e le dichiarazioni riguardanti lo smaltimento nel Pacifico, trovando diverse incongruenze nei dati e nel processo così come viene descritto dal governo e dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco).

Greenpeace Germania ha pubblicato da poco un breve documento dove analizza i dati riferiti mettendoli in questione. La preoccupazione primaria è per l’aumento di acqua contaminata, che negli anni è andata ad accumularsi. Il vero problema è che da adesso alla fine dei lavori, anche durante le operazioni di smaltimento – che termineranno secondo le stime del governo a metà anni ’50 – le tonnellate d’acqua contaminata raddoppieranno: entro il 2030 potrebbe aggiungersi un altro milione di tonnellate.

Il governo giapponese ha assicurato che le acque saranno filtrate di tutte le contaminazioni radioattive, lasciando solo un isotopo radioattivo dell’idrogeno, il trizio, che diluito in grandi quantità risulta innocuo per gli esseri viventi.

Il metodo scelto inoltre, l’Advanced Liquid Processing System (ALPS), sviluppato da Toshiba e Hitachi General Nuclear Electric (HGNE), non risulta tanto efficace da potersi definire sicuro. Le due aziende infatti non hanno esperienza nel settore e nonostante gran parte delle acque sia state già filtrate, ma la Tokyo Electric Power Company, in accordo con il governo, ha preferito dare spazio a due imprese nipponiche.

Scelta che però potrà avere dei risvolti nefasti. Infatti, l’ALPS ha fallito la sua prima pulizia delle acque di Fukushima nel 2011, e ora il 72% dell’acqua deve essere ripulita.

La proposta di Greenpeace Germania è di gestire meglio i depositi, senza scaricarli finché non sono assolutamente decontaminati, e accusa il governo giapponese di aver fatto una scelta meramente economica, che non solo crea un danno ambientale e sanitario potenzialmente enorme, ma che vede anche opposizioni da parte di cittadini, comitati cittadini, e in particolare che nel mare ci lavora, come i pescatori, che vedrebbero il mercato del loro pesce tornare ai prezzi post-disastro.

 

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Crediti Foto: LaPresse