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Musica

“Canerandagio parte 1” di Neffa è un viaggio notturno tra Rap, Vaporwave e Jazz

Neffa torna al rap dopo 26 anni con Canerandagio parte 1, un album che fonde Vaporwave e Smooth Jazz senza nostalgiche ripetizioni

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Il video di Canerandagio di Neffa
Il video di Canerandagio (©Screenshot YouTube)

E’ il ritorno del guaglione sulla traccia“: con questa strofa Neffa apriva nel 1996 il suo album iconico “Neffa e i Messaggeri della Dopa“. Ma se quello era un ritorno, cosa rappresenta questo “Canerandagio parte 1“? Il guaglione ora di anni ne ha 57 e, nonostante sia considerato all’unanimità una delle personalità più impattanti per quella che fu la nascita del Rap e Hip Hop italiano, non lo sentivamo rappare (salvo recentissimi, brevi e fugaci featuring) dall’ormai lontanissimo 1999.

Neffa: un Canerandagio che non replica se stesso

Dopo l’annuncio di un nuovo disco Rap, ma prima dell’uscita dei primi due singoliLittlefunkyintro” e “Canerandagio” con Izi, chi conosce tutta la discografia ha subito pensato al rischio che quello di Neffa sarebbe stato un nostalgico ritorno ai vecchi tempi, come un revival di quel periodo incredibile che fu per l’Hip Hop italiano il decennio dei 90’s. Ma come il bolognese nato a Scafati (Salerno) pubblica i due singoli ci si accorge subito che, sebbene il flow sia quello che nel 1996 “Aspettava il sole“, il sound, l’essenza e la filosofia dietro le produzioni sia tutta un’altra cosa.

Un disco Rap tra Vaporwave e Smooth Jazz

L’artista non è più un rapper, non lo è dal 1999, è un artista e Canerandagio parte 1 è solamente un disco di genere. Le basi (tutte realizzate da Neffa stesso) si muovono costantemente tra un jazz calmo e rilassato e notturno e le eteree atmosfere Vaporwave. L’ascolto del disco è come un viaggio notturno con la macchina nelle strade ancora bagnate dalla pioggia di una città ormai deserta. Canerandagio parte 1 di avvolge e ti accompagna canzone dopo canzone in una dimensione parallela, dove il flow lento e incisivo di Neffa riporta echi dei suoi Sanguemisto (iconico il loro album SXM del 1994).

I Feat: un chiaro intento

Cosa che subito salta all’occhio, se si vede la tracklist prima ancora di ascoltare il disco, è la preponderante presenza di altri artisti. Ogni brano presenta infatti un Feat. Questa scelta è però transgenerazionale: se ci sono Fibra, Guè e Noyz, dall’altra parte troviamo Frah Quintale, Franco 126, Joan Thiele e Francesca Michielin. La scelta sembra dettata da una duplice volontà: consacrarsi come protagonista dell’olimpo del rap nonostante i 26 anni di assenza dalle scene, non rimanendo ancorati a questa immagine passatista. Come abbiamo già scritto, Neffa non vuole replicare se stesso e quindi, includendo artisti giovani di una generazione molto distante anagraficamente, pone un taglio netto e simbolico col passato, con il quale sembra ormai aver fatto pace. Per nostra fortuna.

 

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