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Sfruttamento: la piaga del lavoro minorile interessa ancora 138 milioni di bambini nel mondo

Ancora oggi sono tantissimi i bambini nel mondo che non vedono riconosciuto il loro diritto a vivere un’infanzia serena e protetta, perché costretti a lavorare.

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Sfruttamento del lavoro minorile
Sfruttamento del lavoro minorile (© Depositphotos)

Ancora oggi sono tantissimi i bambini nel mondo che non vedono riconosciuto il loro diritto a vivere un’infanzia serena e protetta, perché costretti a lavorare.

Più nel dettaglio, si tratta di circa 138 milioni di minori, secondo i dati diffusi dall’ Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), di cui 54 milioni operano in condizioni pericolose per la salute e lo sviluppo.

Si tratta di un fenomeno determinato dalla povertà estrema, una condizione, ancora largamente diffusa nei Paesi del Sud del Mondo, in cui non si riescono a soddisfare nemmeno i bisogni primari, come l’accesso al cibo e all’acqua. In queste situazioni, quindi, i bambini sono costretti a lavorare per contribuire economicamente al sostentamento della famiglia. Ma quali sono gli ambiti in cui lo sfruttamento è più marcato? E com’è possibile contrastare questa piaga ancora così tanto diffusa? Cerchiamo di fare chiarezza in merito.

Uno sfruttamento che interessa i settori più diversi

Tra gli ambiti in cui la presenza dei minori è più elevata, spicca l’industria del fast fashion, dove i bambini vengono impiegati in piccole fabbriche o laboratori privi di qualsiasi forma di regolamentazione.

Le loro mansioni comprendono il taglio, la cucitura, la stiratura e l’imballaggio: attività ripetitive e faticose, spesso eseguite per molte ore al giorno in ambienti sovraffollati, scarsamente ventilati e privi di misure di sicurezza. A ciò si aggiunge l’esposizione costante a sostanze chimiche impiegate nei processi di tintura e trattamento dei tessuti, che può arrivare a provocare irritazioni, problemi respiratori e altri disturbi legati all’assenza di protezioni adeguate.

Una situazione altrettanto grave riguarda l’estrazione mineraria artigianale, diffusa in diverse aree di Paesi del Sud del Mondo. Qui, bambini e adolescenti lavorano in condizioni di estrema precarietà, scavando a mani nude, trasportando materiali pesanti o setacciando il terreno per estrarre oro, diamanti, cobalto o coltan. Si tratta di attività che comportano rischi elevati, tra cui crolli, inalazione di polveri sottili ed esposizione a sostanze tossiche come il mercurio. Per molti di loro, la miniera diventa un luogo in cui si trascorre l’intera giornata, senza la possibilità di frequentare la scuola o ricevere cure mediche adeguate.

Un ulteriore scenario di sfruttamento è rappresentato dalle discariche informali, soprattutto quelle dedicate allo smaltimento dei rifiuti elettronici. In questi luoghi, bambini e ragazzi raccolgono e selezionano materiali di scarto provenienti da dispositivi tecnologici dismessi, nella speranza di ricavarne piccole somme di denaro. L’attività avviene tra fumi tossici e detriti contaminati da metalli pesanti, in condizioni igieniche estremamente precarie e senza alcuna forma di tutela sanitaria o sociale.

In tutti questi contesti, il lavoro minorile priva i bambini del diritto all’infanzia, compromette la loro salute fisica e mentale e li espone a un futuro incerto, contrassegnato dalla continua violazione dei loro diritti.

Come contrastare il fenomeno del lavoro minorile

Il fatto che il fenomeno del lavoro minorile sia ancora così diffuso lascia intendere quanto sia fondamentale un impegno collettivo per far rispettare quegli strumenti giuridici che sono stati istituiti proprio per tutelare i minori da ogni forma di sfruttamento.

Tra questi, merita una menzione la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, adottata dalle Nazioni Unite nel 1989, che riconosce a ogni bambino il diritto a essere protetto dallo sfruttamento economico e da qualsiasi attività che possa nuocere alla sua salute o al suo sviluppo. A questa si affianca la Convenzione n. 182 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro del 1999, che vieta le peggiori forme di lavoro minorile e impegna gli Stati a eliminarle con misure immediate e concrete.

Attualmente, un ruolo decisivo viene ricoperto dalle organizzazioni internazionali indipendenti, che intervengono direttamente nei contesti più vulnerabili per tutelare i diritti dell’infanzia e contrastare le cause che alimentano lo sfruttamento.

Ne costituisce un esempio ActionAid, realtà attiva da oltre 35 anni e presente oggi in 71 Paesi nel mondo, che contrasta il lavoro minorile attraverso una serie di progetti e iniziative, tra cui una delle più significative è senza dubbio quella dell’adozione a distanza.

L’importanza dell’adozione a distanza contro il lavoro minorile

Grazie ai programmi di adozione a distanza, ActionAid contrasta il lavoro minorile intervenendo su più fronti.

Innanzitutto, l’organizzazione si impegna nel garantire l’accesso all’istruzione, per esempio con la costruzione e la ristrutturazione di scuole sicure, la fornitura di materiali didattici, uniformi e acqua potabile. L’istruzione, del resto, in questi contesti rappresenta un vero e proprio strumento di emancipazione: consente ai bambini di acquisire competenze, rafforzare la propria autostima e riconoscere i propri diritti, ponendo le basi per un futuro libero dallo sfruttamento.

Al tempo stesso, ActionAid si impegna per sostenere le famiglie, perché senza sicurezza economica nessun progresso può durare nel tempo. Attraverso corsi di formazione e percorsi di avviamento professionale, in particolare per le madri, ActionAid promuove progetti di agroecologia e microimprenditorialità, favorendo la creazione di attività sostenibili che riducono la necessità di ricorrere al lavoro dei bambini. Queste iniziative promuovono l’empowerment femminile, rendendo le donne protagoniste del cambiamento economico e sociale all’interno delle loro comunità.

Grazie ai programmi di adozione a distanza, ActionAid può favorire anche una maggiore sensibilizzazione: nelle scuole, per esempio, i bambini vengono informati sui propri diritti e sulle leggi che li proteggono; nelle comunità, invece, si promuovono incontri e campagne rivolte a genitori, leader religiosi e autorità locali per superare l’idea che il lavoro minorile sia un destino inevitabile.

L’organizzazione fornisce anche sostegno psicologico e assistenza legale ai minori coinvolti, accompagnandoli nel reinserimento scolastico e sociale. Parallelamente, collabora con le istituzioni per individuare e fermare i casi di impiego di manodopera minorile, consolidando meccanismi di tutela più efficaci.

Un gesto che impatta su vite e comunità

L’adozione a distanza risulta quindi fondamentale non solo per sottrarre i bambini allo sfruttamento, ma per innescare un cambiamento che si estende alle comunità in cui vivono.

È un processo che genera un circolo virtuoso, in cui l’emancipazione del singolo diventa occasione di crescita collettiva.

Sostenere un programma di adozione a distanza significa quindi investire su un futuro in cui i bambini non siano più considerati una risorsa da sfruttare, ma individui da proteggere e valorizzare. Un futuro in cui intere comunità possano spezzare il ciclo della povertà e riconoscere, finalmente, che l’infanzia è un diritto inalienabile da difendere con ogni mezzo.

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