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Quotazione euro-dollaro: cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi mesi?

Quali sono le previsioni future in merito al cambio tra la valuta europea e quella statunitense? Scopriamolo

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Cambio euro dollaro
Cambio euro dollaro (© Depositphotos)

Il cambio euro-dollaro ha vissuto un 2025 caratterizzato da significativa volatilità e da un progressivo apprezzamento della moneta unica europea. Dopo aver toccato un minimo annuale di 1,1163 a maggio 2025, l’euro ha intrapreso una fase di rafforzamento raggiungendo il picco di 1,1872 a settembre, per poi stabilizzarsi intorno a 1,16 a novembre. Questo rappresenta un apprezzamento di oltre il 10% dell’euro rispetto al dollaro nell’arco dei dodici mesi, un movimento significativo per un mercato che muove trilioni di dollari quotidianamente e che influenza profondamente commercio internazionale, investimenti e turismo.

La quotazione attuale di circa 1,16 dollari per euro (1,1615 al 14 novembre) riflette un equilibrio temporaneo tra forze contrapposte che spingono in direzioni diverse. Per gli investitori che desiderano operare sul mercato valutario, è fondamentale affidarsi a piattaforme affidabili: chi cerca i migliori broker per il forex trova oggi un’offerta molto ampia, con strumenti avanzati di analisi tecnica e spread competitivi che permettono di sfruttare anche piccole oscillazioni del cambio.

Per comprendere cosa aspettarsi nei prossimi mesi, occorre analizzare i fattori tecnici ed economici che hanno determinato l’andamento recente. Il differenziale dei tassi di interesse tra Federal Reserve e Banca Centrale Europea rimane il driver principale. Dopo una fase di rialzi aggressivi nel 2022-2023 per combattere l’inflazione, la Fed ha iniziato a tagliare i tassi nel 2024-2025, mentre la BCE ha mantenuto un approccio più cauto e graduale. Quando i tassi americani scendono più rapidamente di quelli europei, il dollaro perde attrattività per gli investitori internazionali che cercano rendimenti, sostenendo l’euro.

Analisi tecnica e contesto macroeconomico internazionale

Dal punto di vista dell’inflazione, gli Stati Uniti hanno mostrato una discesa più rapida verso gli obiettivi del 2% rispetto all’Eurozona, dove l’inflazione core ha continuato a persistere su livelli più elevati, specialmente nei servizi. Questo ha permesso alla BCE di mantenere una postura meno accomodante della Fed, giustificando tassi relativamente più alti che hanno sostenuto l’euro. Tuttavia, la crescita economica presenta un quadro opposto: l’economia americana ha dimostrato maggiore resilienza con un mercato del lavoro ancora robusto e consumi sostenuti, mentre l’Eurozona – trascinata dalla debolezza tedesca – ha flirtato con la recessione tecnica per diversi trimestri.

Il contesto geopolitico ha giocato un ruolo complesso. Le tensioni in Ucraina e Medio Oriente hanno inizialmente penalizzato l’euro per via della maggiore dipendenza energetica europea, ma successivamente l’instabilità globale ha ridotto l’attrattività del dollaro come valuta rifugio. Le politiche economiche annunciate dall’amministrazione Trump – tariffe protezionistiche, spesa fiscale espansiva, pressioni sulla Fed per tassi più bassi – hanno generato incertezza sul dollaro: da un lato le misure fiscali espansive dovrebbero sostenere la crescita americana rafforzando il biglietto verde, dall’altro le pressioni politiche sulla banca centrale e i rischi di guerre commerciali hanno alimentato preoccupazioni sulla tenuta del dollaro nel medio termine.

Secondo quanto riportato dagli analisti di Meteofinanza.com, sul fronte tecnico, il cambio EUR/USD ha rotto diverse resistenze chiave durante il rally di settembre, quando ha superato quota 1,18 per poi consolidare in area 1,16. Gli analisti tecnici identificano supporti importanti intorno a 1,14-1,15 (zona del minimo di maggio e media mobile a 200 giorni) e resistenze nell’area 1,18-1,19 (massimi di settembre e livello psicologico). La volatilità rimane elevata: nell’ultima settimana di novembre il cambio ha oscillato tra 1,1543 e 1,1652, un range di oltre 100 pip che offre opportunità per trader esperti ma richiede gestione accurata del rischio.

Investimenti sulle valute: strategia di diversificazione e copertura

Gli investimenti sulle valute rappresentano una componente spesso trascurata ma strategica di un portafoglio diversificato. Chi investe esclusivamente in asset denominati in euro è esposto al rischio che l’euro si deprezzi contro altre valute principali, erodendo il potere d’acquisto internazionale del patrimonio. Detenere asset in dollari, franchi svizzeri, yen o sterline offre protezione valutaria contro crisi specifiche dell’Eurozona e permette di beneficiare di opportunità globali senza rischio di cambio sfavorevole.

Per investitori non professionisti, il trading diretto sul forex – comprare e vendere coppie valutarie con leva finanziaria – presenta rischi elevati e richiede competenze specifiche, disciplina rigorosa e gestione professionale del rischio. La leva amplifica sia i guadagni che le perdite: un movimento dell’1% del cambio può tradursi in guadagni o perdite del 10-20% o più a seconda della leva utilizzata. Per questo motivo, il forex trading puro è appropriato solo per trader esperti con capitale dedicato alla speculazione.

Per risparmiatori e investitori di lungo termine esistono alternative più prudenti per ottenere esposizione valutaria. Investire in ETF azionari globali “non coperti” (unhedged) che detengono azioni americane, europee, asiatiche in valute locali offre automaticamente diversificazione valutaria: quando queste aziende generano profitti in dollari, yen o altre valute, il valore dell’ETF in euro riflette sia la performance azionaria che il movimento valutario. Un ETF sull’S&P 500 non coperto permette di beneficiare sia della crescita delle aziende americane che dell’eventuale apprezzamento del dollaro.

Gli ETF obbligazionari internazionali funzionano similmente: detenere bond del Tesoro USA denominati in dollari attraverso ETF espone sia al rendimento obbligazionario che al rischio/opportunità valutario. Esistono anche ETF valutari specifici che replicano l’andamento di singole valute o basket di valute, offrendo esposizione diretta senza necessità di fare trading con leva. Infine, detenere conti deposito o liquidità in valute estere – dollari, franchi svizzeri – rappresenta la forma più semplice di diversificazione valutaria, appropriata per chi ha spese ricorrenti in quella valuta o desidera protezione contro deprezzamento euro.

Cosa aspettarsi nei prossimi mesi per il cambio euro-dollaro? Le previsioni degli analisti convergono su un range di oscillazione tra 1,14 e 1,20 per i primi mesi del 2026. I fattori chiave da monitorare includono: le decisioni sui tassi di Fed e BCE (ulteriori tagli americani rafforzerebbe probabilmente l’euro), i dati sull’inflazione americana ed europea (inflazione persistente in USA obbligherebbe la Fed a mantenere tassi alti sostenendo il dollaro), la crescita economica (dati robusti dagli USA o un rimbalzo tedesco influenzerebbero il cambio), e gli sviluppi geopolitici (escalation delle tensioni potrebbe riportare flussi verso il dollaro rifugio). Per investitori e risparmiatori, questo scenario volatile suggerisce l’opportunità di rivedere l’esposizione valutaria del proprio portafoglio, considerando una diversificazione equilibrata tra euro e altre valute principali per proteggere il patrimonio dalle fluttuazioni e cogliere opportunità globali con maggiore flessibilità.

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