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Vecchie Canaglie: una piccola perla il debutto in regia di Chiara Sani

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Metti nella stessa squadra alcuni fuoriclasse, che hanno fatto ridere mezza Italia tra gli anni ’70 e ’80 e si sono costruiti carriere di alto profilo, partendo dalla commedia all’italiana, dal varietà televisivo vecchio stampo o dai vari laboratori comici del piccolo schermo, una regista debuttante che si ispira alla commedia americana, fatta di ritmo, colpi di scena, piccole e grandi caricature umane, il meglio della scuola bolognese del cinema italiano, uno dei personaggi sulla cresta dell’onda sia sul grande schermo e che per la sua attività teatrale e in radio, tanta ironia e un tema, come quello della condizione di vita di tanti anziani italiani, ed ecco che esce il mix di “Vecchie canaglie”, il film di Chiara Sani, presente in tante sale in giro per lo Stivale.

Per questo film si è rimesso in gioco uno dei giganti del cinema italiano, Lino Banfi, che è protagonista e capopopolo del gruppo di vecchietti che cerca, con le unghie e con i denti (o dentiere), di vincere la battaglia con la perfida proprietaria della casa di riposo che li ospita che ha deciso di vendere lo stabile per dedicarsi ad altro, interpretata dalla stessa regista Chiara Sani.

La surreale “squadriglia” di anziani è composta, tra gli altri, da Pippo Santonastaso, che con il fratello Mario è stato protagonista di alcuni sketch da storia della Tv italiana e che si distingue nel ruolo del più romantico dei vecchietti, a metà fra il caciarone e il rimbambito, strappando risate a ripetizione, e da Andy Luotto, scanzonato compagno di avventure di Renzo Arbore ai tempi di “L’altra domenica” o “Quelli della notte”, concreto e scaltro nel ruolo dipinto da Chiara Sani per lui.

La chiave di tutto starà nel figlio di Lino Banfi, lo scapestrato Claudio Gregori, alias Greg, non propriamente uno stinco di santo, ma con le idee giuste al momento giusto, in grado di rivitalizzare l’ambiente grigio della casa di riposo (diretta da un altro attore conosciutissimo come Andrea Roncato) in tutte le sue componenti, dalle dottoresse agli infermieri, finanche ai vicini di casa, protagonisti di grame vite, dal giardinaggio allo spionaggio.

Si ride, ed è la parte fondamentale, si assiste ad un’opera in cui le caricature sono marcate, a volte marcatissime: il cattivo è molto cattivo, l’ingenuo è molto ingenuo, il furbo è molto furbo ma non potrebbe essere altrimenti perché l’idea è quella di esaltare il surreale che, purtroppo, negli ultimi tempi, non sempre si è discostato dalla realtà, proprio in uno degli argomenti più scottanti come quello della condizione della terza età.

Si ride e si pensa che la vita vale sempre la pena di essere vissuta perché le soddisfazioni possono arrivare, sotto diverse forme, anche quando tutto sembra perduto e il destino, soprattutto alla fine del percorso di vita, sembra segnato. E’ un incoraggiamento a non arrendersi mai ma allo stesso tempo a non prendersi mai troppo sul serio.
Un film che potrebbe aprire una strada, che chiama qualcosa in futuro perché non sarebbe giusto abbandonare al loro destino, seppure nella casa di riposo di proprietà, le “Vecchie Canaglie” capaci di far divertire e tenerezza al tempo stesso. Un sequel, una serie Tv, una storia a fumetti (splendide le tavole disegnate dalla poliedrica Chiara Sani e che fanno da intermezzo tra una situazione e l’altra del film): l’idea merita una seconda chance e magari anche una terza perché di queste Vecchie Canaglie oggi c’è bisogno più che mai.