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Zalone stravince ma non convince

Zalone stravince ma non convince. “Buen camino” fa ridere, ma è un insieme di sketch slegati che si traducono in un’apologia della famiglia. Il politicamente scorretto c’è ancora ovviamente, ma rimane confinato ad alcune categorie classiche (omosessuali, non bianchi), mentre sui valori tradizionali Medici non affonda, vedendoli come l’ultimo baluardo nei confronti dell’ipocrisia e della piccineria umana.

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Zalone stravince ma non convince. "Buen camino" fa ridere, ma è un insieme di sketch slegati che si traducono in un'apologia della famiglia. Il politicamente scorretto c'è ancora ovviamente, ma rimane confinato ad alcune categorie classiche (omosessuali, non bianchi), mentre sui valori tradizionali Medici non affonda, vedendoli come l'ultimo baluardo nei confronti dell'ipocrisia e della piccineria umana.
Crediti foto checcozalone Instagram

Zalone a livello d’incassi è una sicurezza. Il suo “Buon camino” macina milioni di euro al giorno, salvando molti cinema in perenni crisi d’incassi dal fallimento. Il problema quindi non è commerciale, ma di come Zalone abbia confezionato un film che sembra più l’opera d’un mestierante, che non le commedie mordaci a cui ci aveva abituato. Vediamo il perché.

Essere il numero uno

Checco Zalone (al secolo Luca Medici) è al momento l’unico vero comico nazionalpopolare presente in Italia. Nazionalpopolare nel senso che riesce a far ridere gli italiani indipendentemente dall’orientamento politico, dalla classe sociale, dal sesso e dall’orientamento sessuale. In questo è l’unico erede di un’aristocrazia comica tricolore che parte da Totò e arriva fino a Paolo Villaggio, Renato Pozzetto e Aldo, Giovanni e Giacomo. Un’aristocrazia di artisti della risata che è sempre stata amata dal pubblico e altrettanto spesso bistrattata dalla critica.

Nascere incompresi

La diffidenza della critica per la comicità nazionalpopolare è dovuta principalmente ad un fattore: il nazionalpopolare per sua natura è trasversale. Ride, talvolta perfino deride, i vizi e le ipocrisie di tutti gli italiani, ricchi e poveri, potenti e poveracci, maschi e femmine, etero e omosessuali. Per farlo efficacemente non deve schierarsi con una parte, ma deve bersagliarle tutte in egual misura, mettendone a nudo i vizi, le piccolezze, le crudeltà inconfessabili. Questo non parteggiare è sempre stato visto con sospetto dalla critica, che considera la ferocia rivolta in maniera equanime verso tutti una forma di qualunquismo.

Un cammino troppo liscio

Veniamo dunque a “Buen Camino”. Il film è il racconto del riavvicinamento fra padre e figlia mentre percorrono il cammino di Santiago. Il padre è un ricco narcisista scansafatiche, la figlia invece una ricca bambina viziata che dopo una delusione sentimentale sceglie di riscoprire la propria “spiritualità”, in contrapposizione alla frivolezza dei beni materiali. A scandire questo riavvicinamento ci sono le varie tappe del cammino di Compostela, mostrate più come sfondi per i selfie che non come tappe spirituali o di scavo interiore. A questo si aggiunge un altro problema: non c’è alcuna crescita dei personaggi né momento d’introspezione che faccia capire allo spettatore che a livello interiore qualcosa sia successo ai protagonisti. Si passa da una battuta ad un’altra, da una location del cammino ad un’altra, senza che venga raccontata una vera e propria storia. Ogni scena del film è costruita intorno alla battuta lampo di Zalone, e con quella battuta tutto muore.

Perchè lasciare stare i santi?

La prima cosa che salta all’occhio del film di Zalone è come eviti accuratamente di far ironia intorno alla religione. C’è qualche blandissima battuta sui preti, si sfiora vagamente la bestemmia negli scambi di battuta fra Zalone e Arjona, quando il buon Checco pensa che l’uomo a cui la pellegrina vuole dedicare la vita sia un essere umano e non Gesù, per poi ammutolirsi quando si risolve l’equivoco. La ferocia politicamente scorretta di Medici improvvisamente davanti alla religione si arresta, cosa ancora più strana dato che le religione mostrata da “Buen Camino” non è il cattolicesimo gerarchico e liturgico della Chiesa, ma quello pop e postmoderno dei pellegrini in cerca di un’emozione forte, degli agnostici e dei dubbiosi che cercano qualcuno o qualcosa che li scuota. Su questo tipo d’umanità lo Zalone di qualche anno fa avrebbe costruito battute cattivissime, mentre quello del 2025 ammutolisce, preferendo le solite battute di rito su donne, omosessuali, poracci e ricchi ignoranti.

La retorica dei valori

A questo punto il dubbio è che Medici, ormai giunto alla mezza età, si sia fatto sedurre dalla retorica dei buoni vecchi valori. Non ci vuole un genio a capire che “Buen Camino” è un’apologia della famiglia, una famiglia certo complessa, di divorziati-risposati, molto poco tradizionale nella gestione della sessualità, ma pur sempre una famiglia nucleare composta da uomo-donna-figli/e, che deve rimanere unita e armoniosa nonostante gli incidenti e gli accidenti della vita. In questo quadro la religione sembra essere lo sfondo naturale dell’istituzione famiglia, con il suo richiamo all’amore, al sacrificio, al perdono e al mettere in secondo piano i beni materiali in favore delle relazioni. Mettendolo nero su bianco si capisce quindi qual è la nota stonata di tutto il film: questi “valori” che il film propone sono gli stessi su cui fino a poco tempo fa Medici avrebbe ironizzato pesantemente, mentre ora ce li propone come gli unici rimasti nel marasma dell’ipocrisia e della piccineria umana.

Il futuro

Buen Camino macinerà qualche altro milione, contribuendo non poco a migliorare i bilanci delle sale italiane. Dopo che farà Medici? Se “Buen camino” è il primo mattone di un nuovo percorso iniziato dal mattatore pugliese, è lecito aspettarsi uno smussamento progressivo della ferocia della sua comicità, a favore di un approccio più bonario verso i valori tradizionali italiani: famiglia e religione. Un cambio di passo che non pregiudica la capacità di far ridere di Zalone, ma lo rende un comico molto meno originale di quello che abbiamo amato ai tempi di “Quo vado” e “Tolo tolo”.

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