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“Pandoro Gate”: la Procura di Milano chiede un anno e otto mesi per Chiara Ferragni e l’ex collaboratore Fabio Maria Damato

Si è svolta questa mattina al Tribunale di Milano l’udienza per il processo sulla vendita benefica dei Pandoro Balocco brandizzati con il logo dell’imprenditrice digitale: “Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto in buona fede”, ha dichiarato l’influencer accusata di truffa aggravata dall’uso del mezzo informatico

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Un’udienza carica di tensione si è svolta questa mattina al Tribunale di Milano, dove Chiara Ferragni, l’imprenditrice digitale e icona dei social, è tornata a comparire per il processo sul cosiddetto “Pandoro Gate”. La Procura ha formulato una richiesta pesante: una condanna a un anno e otto mesi di reclusione per l’influencer, accusata di truffa aggravata dall’uso del mezzo informatico. La pena, che tiene conto del rito abbreviato (con uno sconto di un terzo), è stata avanzata dai pm Cristian Barilli e Eugenio Fusco, e coinvolge anche altri due imputati legati alle campagne promozionali finite sotto accusa: Fabio Maria Damato, ex braccio destro e collaboratore stretto di Chiara Ferragni e Francesco Cannillo, Presidente di Cerealitalia-ID, l’azienda dolciaria coinvolta nella produzione e distribuzione delle uova di Pasqua sponsorizzate da Ferragni nelle edizioni 2021 e 2022. 

“Ho agito in buona fede”

Chiara Ferragni è arrivata in tribunale presto, alle prime luci dell’alba, per evitare i flash dei fotografi e le telecamere. L’udienza, a porte chiuse, ha visto i pm delineare la requisitoria: truffa aggravata, con l’aggravante dell’uso di internet per raggiungere un vasto pubblico. La pena richiesta è di un anno e otto mesi per Ferragni e per Fabio Maria Damato; un anno per Francesco Cannillo. In aula, l’influencer ha reso dichiarazioni spontanee, ribadendo la sua linea difensiva: “Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto in buona fede, nessuno di noi ha lucrato sulla beneficenza”

Entrambi gli imputati, come Ferragni, hanno optato per il rito abbreviato, che prevede uno sconto di un terzo sulla pena. La difesa di tutti e tre sottolinea l’assenza di dolo, ribadendo che si è trattato di un “errore di comunicazione” già sanato con donazioni per oltre 3,4 milioni di euro. La difesa replicherà nella prossima udienza, attesa per le prossime settimane. Per la truffa aggravata, la pena base va da 1 a 5 anni, più multa, ma il rito abbreviato potrebbe mitigare l’esito. 

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