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La quarta stagione di The Witcher è un disastro

La quarta stagione di The Witcher è un disastro. Snobbata dai fan e accolta tiepidamente dalla critica, la serie si avvia al tramonto. Un tramonto triste a dirla tutta: dimezzati gli spettatori rispetto alla stagione precedente nonostante l’aumento di budget, l’idea di Netflix di trasformare The Witcher nella punta di diamante della sue produzioni si scontra con un prodotto in sé più che dignitoso, ma che non riesce a sostenere il peso di kolossal da mettere in vetrina che la piattaforma californiana gli ha cucito addosso.

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La quarta stagione di The Witcher è un disastro. Snobbata dai fan e accolta tiepidamente dalla critica, la serie si avvia al tramonto. Un tramonto triste a dirla tutta: dimezzati gli spettatori rispetto alla stagione precedente nonostante l'aumento di budget, l'idea di Netflix di trasformare The Witcher nella punta di diamante della sue produzioni si scontra con un prodotto in sé più che dignitoso, ma che non riesce a sostenere il peso di kolossal da mettere in vetrina che la piattaforma californiana gli ha cucito addosso.
Crediti foto witchernetflix Instagram

Passate due settimane dalla sua pubblicazione su Netflix, si possono finalmente tirare le somme della quarta stagione di The Witcher, e quel che ne esce è impietoso: flop di pubblico e critica divisa sul senso di un’operazione ormai andata a rotoli. Andiamo a capire cosa è andato storto.

La spietatezza dei numeri

Partiamo dai numeri: le 8 puntate della serie, da un’ora ciascuna,  sono state guardate da 7 milioni e mezzo di spettatori, la metà esatta di quelli che avevano completato la terza stagione. Un dato che ha lasciato di sasso gli stessi vertici di Netflix, che immaginavano un calo iniziale d’interesse verso il prodotto, ma non un disastro di queste proporzioni. La piattaforma californiana aveva sperato di far dimenticare le magagne produttive e il cambio dell’attore protagonista mettendo sul piatto un faraonico budget di 221 milioni di dollari, contro i 175 della stagione 3. L’idea di Netflix era partire lenta con gli streaming per poi recuperare nel medio periodo grazie agli elogi della critica, al supporto della community dell’universo The Witcher e al passaparola degli utenti. E’ successo proprio l’inverso: la community ha massacrato la serie, gli utenti che l’hanno guardata l’hanno sconsigliata e la critica l’ha recensita tiepidamente, definendola una stagione di passaggio.

Il fattore star

Secondo i bene informati, i vertici di Netflix avrebbero attribuito l’insuccesso a Henry Cavill, e alla cattiva pubblicità che ha fatto alla serie quando se ne è andato in malo modo. Quanto abbia pesato l’uscita dell’attore inglese dalla serie è tutt’altro che una questione di lana caprina non solo per Netflix, ma per le piattaforme di streaming in generale: se le star non garantiscono più folle oceaniche che si recano al botteghino solo per loro, il peso dei divi nelle serie tv è ancora oggetto di discussione, soprattutto quando bisogna contrattare i loro cachet. Le piattaforme tendono ovviamente a sminuire il peso dell’attore protagonista nelle proprie serie per evitare la crescita esponenziale dei cachet, ma il caso The Witcher dimostra che nelle serie l’attore protagonista e la sua fanbase sono determinanti per garantire il successo del prodotto. L’aver preso Liam Hemsworth per sostituire Cavill è stato quindi un grosso errore, dato che Liam non ha una fanbase numericamente paragonabile a quella del collega inglese.

Henry Cavill, il nerd divenuto star

Se il fattore star ha avuto un peso determinante, la questione Cavill è persino più complessa. L’attore inglese infatti non si limita a recitare nei progetti in cui è coinvolto, ma ne certifica la qualità e la fedeltà al materiale fumettistico/videoludico da cui sono tratti (nel caso ovviamente lo fossero). Cavill si è ritagliato quindi un ruolo unico all’interno nel panorama delle serie tv e dei film, grazie ad una attenta costruzione della propria fanbase: il fatto che l’attore sia un amante sfegatato di videogiochi, fumetti e giochi da tavolo gli ha permesso di costruire un rapporto intimo con una fetta di pubblico molto difficile da fidelizzare, cioè quella dei nerd. Questo rapporto è basato su un patto reciproco: Cavill porta al cinema e nelle serie i classici del mondo nerd e ne vaglia la fedeltà filologica all’universo da cui traggono ispirazione, in cambio i fan seguono i prodotti a cui partecipa l’attore britannico sapendo che non rimarranno delusi. Questo doppio ruolo di attore protagonista e garante della validità del prodotto con la serie The Witcher è arrivato al cortocircuito: Cavill ha abbandonato la serie sia perché le sue “indicazioni” venivano ignorate, sia perché la fanbase si lamentava con lui della scarsa aderenza filologica della serie ai romanzi da cui trae ispirazione.

La questione libri e il conflitto con i videogiochi

Torniamo dunque al grosso problema della serie The Witcher: Netflix ha dovuto inseguire l’autore dei romanzi della saga Andrzej Sapkowski nella sua guerra per la rinegoziazione delle royalties con la software house CD Project Red, autrice dei videogiochi ispirati ai romanzi. La questione è  legalmente assai complicata, comunque semplificando al massimo, per anni Sapkowski si è lamentato non solo degli scarsi compensi ricevuti dalla software house polacca, ma dell’infedeltà della stessa al suo universo narrativo, ingaggiando quindi con gli sviluppatori una continua schermaglia nelle interviste, schermaglia che ha coinvolto anche Netflix. Questa guerra di logoramento è finita qualche mese fa con un accordo privato fra Cd Project e Sapkowski, accordo che ha portato nel portafoglio dello scrittore polacco una non meglio quantificata somma milionaria, che l’ha reso molto più morbido e accomodante con l’universo videoludico ispirato alla sua creatura. L’accordo è arrivato purtroppo quando la quarta stagione era già finita e il marketing già iniziato, e quindi Netflix non ha avuto il tempo materiale per ricucire i rapporti ormai logori con la community fedele ai videogiochi, che ricordiamo sono best seller da 70 milioni di copie.

L’indecisione del critico

Al disastro hanno contribuito i critici professionisti, le cui recensioni sono state per lo più  interlocutorie. Tentando di salvare capra e cavoli, i critici hanno lodato le interpretazioni del cast e la sontuosità degli scenari, spendendo invece parole tiepide per la questione trama e sceneggiatura. Per una serie che aveva come obbiettivo unire qualità e successo di pubblico, le recensioni poco calorose dei professionisti hanno pesato molto sulla percezione che la serie fosse ormai fallita, spingendo gli indecisi e i curiosi ad evitare il prodotto. La quarta stagione di The Witcher è veramente un disastro a livello di qualità? No, però non è ai livelli di un prodotto con il budget e le ambizioni di un colossal hollywodiano (per capirci, è costata più dell’ultimo Superman di James Gunn!!). A fallire quindi, più che la serie in sé, è stato il marketing di Netflix che l’ha proposta come la gemma delle sue produzioni, alimentando aspettative troppo alte su un prodotto solo più che dignitoso.

Sul viale del tramonto

La quinta stagione è già stata girata, quindi verrà gioco forza pubblicata, nonostante ormai l’obbiettivo di Netflix sia contenere il più possibile i danni. Grazie alla riconciliazione fra Sapkowski e Cd Project adesso il colosso californiano può ricucire i rapporti con i fan della serie videoludica, cosa che sta già tentando di fare suggerendo agli attori di dichiarare nelle interviste di essere fan dei videogiochi della software house polacca. Non che questo possa far recuperare milioni di spettatori perduti negli anni, ma comunque, se ben gestita, la cosa  può dare un piccolo aiuto agli ascolti della quinta stagione, da cui né il pubblico né la critica si aspettano più molto.

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