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Etiopia: nel Tigré sta scoppiando la guerra civile

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Nella regione del Tigré, in Etiopia, tira aria di guerra civile. Alle elezioni locali di settembre i 152 seggi del parlamento regionale erano stati ottenuti tutti dal Fronte di Liberazione del Tigré, partito e movimento spiccatamente separatista, che per anni è stato al governo di tutto il paese, nonostante rappresenti meno del 10 % della popolazione etiope. Dopo anni di proteste e lamentele per presidenti sempre zigrini, è stato eletto come primo ministro etiope Abiy Ahmed, di etnia Oromo.

La settimana scorsa il premier ha ordinato all’esercito di iniziare un’operazione offensiva contro la regione stessa, nella cui capitale, Macallé, pochi giorni prima c’erano stati degli scontri tra milizie locali e federali.

Le tensioni il tra governo centrale di Etiopia e quello regionale del Tigré andavano avanti da mesi, e s’erano inasprite quando Abiy aveva posticipato le elezioni previste per agosto. Lui sostenne di farlo per il coronavirus, ma molti critici ritengono che il premier etiope volesse solamente prolungarsi il mandato.

Giovedì scorso, i primi bombardamenti aerei mandati direttamente dal governo centrale sulla regione del Tigré, dove, naturalmente, di lì a poco è iniziata una violenta guerriglia armata.

il primo ministro, che nel 2019 aveva ricevuto il premio Nobel per la Pace dopo alcuni accordi di pace con l’Eritrea (che sono durati ben poco), ha voluto sostituire il capo dell’Esercito, promuovendo l’ex vice capo Bernahu Jula, senza fornire spiegazioni. Il timore è che voglia preparare un’offensiva contro eventuali rivolte che potrebbero scoppiare in altre regioni, ad esempio in quelle meridionali, che da tempo chiedono maggiore autonomia.

Un medico di Sanjia, nella regione di Amara, ha detto che un centinaio di soldati dell’esercito etiope hanno chiesto cure per ferite da armi da fuoco.