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Bielorussia: gli occhi del mondo puntati su Lukashenko

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Le elezioni in Bielorussia dello scorso 9 Agosto hanno diviso il mondo in due. Se da un lato proprio oggi pomeriggio il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha raccolto i rappresentanti dei 27 stati membri in una videoconferenza straordinaria per discutere sull’affaire Lukashenko, dall’altro Putin ha telefonato a Angela Merkel, Emmanuel Macron e Charles Michel per scongiurare interventi esterni nella situazione del dopo-elezioni a Minsk.

I paesi europei in videoconferenza

In apertura alla videoconferenza è stato trasmesso un video in cui il presidente del Parlamento europeo David Sassoliauspica nuove elezioni per la Bielorussia: “Il futuro della Bielorussia può essere deciso solo dai suoi cittadini”. Secondo Sassoli il compito dell’Ue sarà quello di “sostenere la richiesta dei cittadini di poter svolgere al più presto nuove elezioni e garantire che gli atti di violenza e tortura siano accertati e puniti“. La situazione per le strade di Minsk è infatti critica. Due i morti accertati durante le rivolte, migliaia i feriti e gli arrestati.

L’opinione dell’Unione Europea è chiara: scarcerare i manifestanti, organizzare nuove elezioni limpide e controllate da più parti. Le ingerenze del Cremlino infatti preoccupano le forze occidentali, poiché sebbene Lukashenko non sia direttamente dipendente da Putin, la sua presidenza autoritaria favorisce l’egemonia russa sull’Europa orientale.

La posizione della Russia

La Russia, attraverso le parole del presidente Vladimir Putin e del ministro degli Esteri Serghei Lavrov, si è mostrata pronta ad assistere Lukashenko, minacciando di rifarsi ai patti di assistenza militare vigenti tra i due paesi. Lavrov ha sconsigliato all’Europa di interferire nelle elezioni bielorusse, sebbene non siano state “ideali”. Ha ricordato la questione della Crimea del 2014, sfruttandola come spauracchio per gli stati occidentali.

Tuttavia – come ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry PeskovLa Bielorussia ha rifiutato qualsiasi appoggio dal Cremlino, e ha rassicurato che l’arsenale russo è tutto dentro il territorio della Federazione. “La leadership bielorussa ha ammesso l’assenza di tale necessità” continua Peskov, che auspica una soluzione diplomatica e per vie legali.

Similmente al Cremlino, anche il governo cinese si è mostrato dalla parte di Lukashenko, temendo che il paese “precipiti nel caos” per colpa delle interferenze esterne, secondo le parole del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian.

La risposta di Lukashenko

Intanto Lukashenko mostra il pugno di ferro. Attacca i paesi europei – che finanzierebbero le rivolte – invitandoli a pensare “ai Gilet gialli in Francia o alle proteste per il lockdown in Germania”, e limita la legalità delle manifestazioni. Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione autoesiliatasi in Lituania, ha diffuso un nuovo video su YouTube in cui invita gli stati esteri a “non riconoscere queste elezioni fraudolente”.

Possibili scenari si contendono

Gli esiti possibili sono molteplici, e dipendono in gran parte, volente o nolente, dal Cremlino. L’errore commesso in questi anni da Lukashenko è quello di aver trascurato l’idea di una successione, che desse più stabilità a tempo debito all’assetto democratico di facciata. La situazione esacerbata dal coronavirus ha amplificato il malcontento già sorto alle scorse elezioni, rendendo la tensione critica. Lukashenko potrebbe affidarsi a quanto detto pochi giorni fa, ovvero indire una riforma costituzionale e andare a nuove elezioni subito dopo, oppure potrebbe inasprire il proprio regime, mantenendo il governo del Paese.

Il ruolo di mediazione della Russia è fondamentale, e i leader europei stanno conversando da giorni con i politici di Mosca. Un’ipotesi plausibile è che la Russia faccia decadere Lukashenko, portando la Bielorussia a un periodo transitorio di caos, per acquisirne un controllo maggiore.

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Crediti foto: LaPresse