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Belve Crime, Massimo Bossetti polemico su Fulvio Gambirasio: “Un genitore a cui è sparita la figlia ha più premura a precipitarsi in un cantiere o va in giro a cercarla?”

L’intervista, che al suo debutto ha registrato il 12,4% di share, ha diviso l’opinione pubblica. Sui social, c’è chi ha elogiato la Fagnani per la sua conduzione rigorosa e senza sconti e chi l’ha accusata di essere eccessivamente aggressiva e di non aver lasciato spazio a Bossetti

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Belve Crime, Massimo Bossetti risponde alle domande di Francesca Fagnani
Crediti Foto @IlTempioNews X

Rai 2 ieri sera ha trasmesso la prima puntata di Belve Crime, lo spin-off del celebre programma Belve, condotto dalla giornalista Francesca Fagnani. Il debutto ha avuto come protagonista un’intervista esclusiva a Massimo Bossetti, l’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, un caso di cronaca nera che ha segnato profondamente l’opinione pubblica italiana. Realizzata nel carcere di Bollate, l’intervista si è rivelata un confronto serrato, carico di tensione e momenti di scontro, in cui Fagnani ha messo in luce il suo stile giornalistico diretto e senza compromessi.

Un’intervista che sta facendo discutere

Massimo Bossetti, muratore di Mapello, è stato condannato in via definitiva nel 2018 per l’omicidio di Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010 da Brembate di Sopra e ritrovata senza vita tre mesi dopo. Nonostante la sentenza confermata in Appello e in Cassazione, Bossetti ha sempre proclamato la sua innocenza, e l’intervista a Belve Crime ha rappresentato la sua prima occasione televisiva per raccontare la propria versione dei fatti in modo approfondito, dopo il documentario Netflix Il caso Yara: Oltre ogni ragionevole dubbio del 2024.

L’intervista, introdotta dal giornalista esperto di cronaca nera Stefano Nazzi, si è concentrata su uno dei casi più controversi della cronaca italiana. Fagnani ha affrontato Bossetti con domande dirette, senza lasciare spazio a risposte evasive, esplorando non solo i dettagli giudiziari ma anche la dimensione umana e psicologica dell’intervistato. Tuttavia, il confronto non è stato privo di momenti di attrito, che hanno acceso il dibattito tra il pubblico e sui social.

Il nodo del DNA e le contraddizioni: “Il suo DNA come ci è finito sugli slip di Yara?”

Uno dei temi centrali dell’intervista è stato il DNA, la prova regina che ha incastrato Bossetti. Ritrovato sugli slip e i leggings di Yara, il DNA nucleare di Bossetti è stato considerato dagli inquirenti una prova inequivocabile della sua colpevolezza. Tuttavia, la difesa ha sempre sollevato dubbi sulla validità di questa prova, evidenziando l’assenza di DNA mitocondriale compatibile e possibili contaminazioni. Durante il confronto, Fagnani ha incalzato Bossetti con una domanda diretta: “Il suo DNA come ci è finito sugli slip di Yara?”. La risposta di Bossetti, “È quello che vorrei capire anche io”, è stata un leitmotiv che ha ripercorso la sua linea difensiva, ma che non ha fornito nuove chiavi di lettura, lasciando aperte molte domande.

Fagnani ha messo in evidenza le incongruenze emerse durante il processo, come il soprannome “Il Favola” che Bossetti si era guadagnato per le bugie raccontate sul posto di lavoro, come quando giustificò delle assenze inventando un tumore al cervello. Bossetti ha ammesso: “Chi non racconta bugie?”, ma la conduttrice non ha mollato la presa, collegando queste ammissioni alla possibilità di vuoti di memoria legati al delitto. Quando gli è stato chiesto se un trauma potesse avergli fatto rimuovere l’omicidio, Bossetti ha risposto con fermezza: “No, nel mio caso no. Non esiste proprio”.

La polemica su Fulvio Gambirasio: “Un genitore a cui è sparita la figlia ha più premura a precipitarsi in un cantiere o va in giro a cercarla?”

Uno dei momenti più controversi dell’intervista è stato quando Bossetti ha tirato in ballo Fulvio Gambirasio, il padre di Yara, commentando il suo comportamento dopo la scomparsa della figlia. “Un genitore a cui è sparita la figlia ha più premura a precipitarsi in un cantiere o va in giro a cercarla?”, ha detto Bossetti, insinuando un giudizio sul padre della vittima. Fagnani ha reagito con decisione: “Sta sbagliando a commentare, non può fare nemmeno quella faccia, come fa a interpretare quello che è giusto o non giusto per un genitore a cui è sparita una figlia?”. Questo scambio ha acceso polemiche, con molti spettatori che sui social hanno criticato Bossetti per aver cercato di spostare l’attenzione sul padre di Yara, definendo il suo atteggiamento manipolatorio.

La dimensione umana: tra famiglia e stigma

Bossetti ha raccontato il peso dello stigma pubblico, descrivendo la condanna come “un tatuaggio stampato sulla testa” che porterà per sempre. Ha parlato della sua vita in carcere, della forza che gli deriva dalla famiglia, in particolare dalla moglie Marita Comi, che lo ha sempre sostenuto nonostante le difficoltà personali, come la scoperta dell’infedeltà della moglie durante la detenzione. “Mi sono congelato. È la cicatrice più grande”, ha ammesso Bossetti, raccontando un tentativo di suicidio in carcere: “Mi sono ritrovato con la testa nel lavandino e una cintura attorno al collo”. Fagnani ha collegato questo episodio a possibili vuoti di memoria, ma Bossetti ha respinto con forza qualsiasi parallelo con il delitto.

Reazioni e polemiche

L’intervista ha diviso l’opinione pubblica. Sui social, c’è chi ha elogiato Fagnani per la sua conduzione rigorosa e senza sconti, definendola “una lezione di giornalismo televisivo giudiziario”. Altri, però, hanno criticato l’approccio della conduttrice, accusandola di essere eccessivamente aggressiva e di non aver lasciato spazio a Bossetti per articolare le sue risposte, soprattutto considerando il suo evidente disagio emotivo. C’è anche chi ha messo in discussione l’opportunità di dare spazio televisivo a un condannato per un crimine così grave, temendo che possa alimentare una curiosità morbosa o riaprire ferite per la famiglia di Yara. Tuttavia, la giornalista ha difeso il suo approccio, descrivendo Belve Crime come “un attraversamento del male”, un viaggio nella mente di chi ha commesso reati gravi, senza l’obiettivo di scovare la verità, ma di esplorare la psiche umana.

Belve Crime si conferma un format destinato a far parlare, con un debutto che ha raggiunto il 12,4% di share, vincendo la prima serata. La domanda rimane: fino a dove può spingersi la televisione nel raccontare il male? La risposta, forse, arriverà con le prossime puntate.

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